{"id":3654,"date":"2013-11-24T09:21:35","date_gmt":"2013-11-24T09:21:35","guid":{"rendered":"http:\/\/donnexdiritti.wordpress.com\/?p=3654"},"modified":"2020-03-06T23:24:13","modified_gmt":"2020-03-06T22:24:13","slug":"donne-senza-pace-2010","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/donnexdiritti.com\/2013\/11\/24\/donne-senza-pace-2010\/","title":{"rendered":"Donne, pace e ancora insicurezza"},"content":{"rendered":"<p>Qualche anno fa, mentre ero a Damasco, migliaia di profughi iracheni scappavano dalla guerra che imperversava nel loro paese, l\u2019Iraq, cercando asilo in uno dei pochi posti, la Siria, che, insieme alla Giordania, accettava ancora di accoglierli. Una fuga disperata che coinvolgeva operatori e operatrici internazionali sul territorio i quali, tra mille difficolt\u00e0, cercavano di gestire quello che era un vero e proprio esodo. L\u2019allora responsabile dell\u2019Unhcr in Siria, <strong>Laurens Jolles, oggi delegato dell\u2019Unhcr p<\/strong>er il sud Europa, era alle prese con questa fatica: \u201cInsicurezza generale, impossibilit\u00e0 di mantenere un ordine, gente che ha subito personalmente violenze e vari abusi.<\/p>\n<blockquote><p>Qui arrivano donne dall\u2019Iraq che hanno subito violenza sessuale, ma non \u00e8 facile sostenerle e recuperarle, perch\u00e9 non tutte vengono e dicono di aver subito violenza. La vera difficolt\u00e0 \u00e8 individuare questi casi<\/p><\/blockquote>\n<p>noi lavoriamo attraverso centri organizzati collaborando in maniera funzionale insieme alle Ong e all\u2019Unicef. Ma non possiamo andarle a cercare\u201d, diceva Jolles. Una parte delle donne che fuggivano e approdavano in Siria dall\u2019Iraq era invisibile. Alcune operatrici che lavoravano sul territorio, mi spiegavano che per <strong>queste donne non era semplice esporsi e dichiarare la propria presenza e ancor meno denunciare una violenza<\/strong> e che quindi, anche se molte avevano subito abusi, era davvero arduo monitorarle, e che l\u2019unica cosa da fare per rendere pi\u00f9 accessibile il servizio era avere \u201cpersonale specializzato e interventi mirati di tipo legale, medico e psicologico con un approccio specifico di genere\u201d.<\/p>\n<div class=\"youtube-embed\" data-video_id=\"G-MtL7AYSYc\"><iframe loading=\"lazy\" title=\"Women Count for Peace: Open Days on Women, Peace and Security\" width=\"696\" height=\"522\" src=\"https:\/\/www.youtube.com\/embed\/G-MtL7AYSYc?feature=oembed&#038;enablejsapi=1\" frameborder=\"0\" allow=\"accelerometer; autoplay; encrypted-media; gyroscope; picture-in-picture\" allowfullscreen><\/iframe><\/div>\n<p>A terminare l\u2019enorme dipinto sconnesso di vite messe a soqquadro, era il proliferare di night club in alcuni quartieri damasceni, con un aumento spaventoso di ragazzine avviate alla prostituzione, un vademecum necessario per mantenere tutta la famiglia, tanto che lo stesso New York Times di quei giorni raccontava di <strong>\u201cmigliaia di giovani donne irachene giunte in Siria come profughe, e costrette a prostituirsi per sopravvivere\u201d. <\/strong>Era il 2007 e la Risoluzione 1325 era gi\u00e0 stata approvata da qualche anno.<\/p>\n<p>Ma cos\u2019\u00e8 la 1325? Non tutti sanno che il 31 ottobre del 2000, nel Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite a New York, il Consiglio di Sicurezza vot\u00f2 all\u2019unanimit\u00e0 una <strong>Risoluzione, la 1325 appunto, che nelle tre parole \u201cDonne, pace e sicurezza\u201d,<\/strong> esprimeva tutto un mondo. Era la prima volta che la massima autorit\u00e0 a livello internazionale esprimeva e riconosceva la specificit\u00e0 del ruolo e dell\u2019esperienza delle donne nelle situazioni di guerra e nei processi di pace.<\/p>\n<blockquote><p>La risoluzione chiedeva di adottare una prospettiva di genere cio\u00e8 di provvedere a una risposta dei bisogni delle donne prima, durante e dopo il conflitto<\/p><\/blockquote>\n<p><img loading=\"lazy\" decoding=\"async\" class=\" wp-image-13076 alignleft\" src=\"https:\/\/donnexdiritti.com\/wp-content\/uploads\/2013\/11\/1325.jpg\" alt=\"\" width=\"288\" height=\"179\" srcset=\"https:\/\/donnexdiritti.com\/wp-content\/uploads\/2013\/11\/1325.jpg 406w, https:\/\/donnexdiritti.com\/wp-content\/uploads\/2013\/11\/1325-300x186.jpg 300w, https:\/\/donnexdiritti.com\/wp-content\/uploads\/2013\/11\/1325-356x220.jpg 356w\" sizes=\"(max-width: 288px) 100vw, 288px\" \/> ma anche di appoggiare le iniziative di pace delle donne locali e provvedere a una partecipazione diretta di quest\u2019ultime alle trattative di pace. \u201cIn sostanza \u00e8 una delle poche risoluzioni non tematiche ma trasversali \u2013 dice <strong>Luisa Del Turco, consulente esperta in cooperazione internazionale e politiche di genere<\/strong> \u2013 che comprende la specificit\u00e0 del ruolo e l&#8217;esperienza delle donne nelle situazioni di guerra e nei processi di pace, infatti quello che si chiede \u00e8 sia protezione delle donne, che nei conflitti sono il campo di battaglia per eccellenza, ma anche la loro partecipazione attiva nelle missioni internazionali e ai negoziati di pace. La verit\u00e0 \u00e8 che la 1325 \u00e8 speciale, un vero spartiacque, un momento storico\u201d. Secondo i dati diffusi dal rapporto italiano sulla 1325, curato da Actionaid e Pangea,<\/p>\n<blockquote><p>il 90% delle vittime in guerra sono civili, e l\u201980% sono donne e bambini<\/p><\/blockquote>\n<p>quindi non ci vuole una laurea in matematica per capire quanto l\u2019impatto di una guerra sia diverso per gli uomini e per le donne, e le cifre sugli <strong>stupri<\/strong> subiti nel corso dei conflitti negli ultimi 20 anni parlano chiaro: <strong>20.000-50.000 in Bosnia, 250.000-500.000 in Ruanda, 50.000-64.000 in Sierra Leone<\/strong>, e una media di 40 donne stuprate ogni giorno nella Repubblica Democratica del Congo. \u201cIn <strong>Ruanda<\/strong> \u2013 raccontava un\u2019operatrice canadese dell\u2019Unicef &#8211; sembrava un inferno, <strong>non riuscivamo a fermare le violenze sessuali<\/strong>: ogni notte c\u2019erano stupri all\u2019interno del campo profughi e noi non riuscivamo a mettere fine a questo disastro. La causa principale era lo stress della guerra, questi uomini non riuscivano a fermarsi, un vero incubo\u201d. E le vittime erano sempre loro, donne che subivano violenza prima, durante e dopo il conflitto.<\/p>\n<figure id=\"attachment_13078\" aria-describedby=\"caption-attachment-13078\" style=\"width: 980px\" class=\"wp-caption aligncenter\"><img loading=\"lazy\" decoding=\"async\" class=\"size-full wp-image-13078\" src=\"https:\/\/donnexdiritti.com\/wp-content\/uploads\/2013\/11\/83643688_10.jpg\" alt=\"\" width=\"980\" height=\"717\" srcset=\"https:\/\/donnexdiritti.com\/wp-content\/uploads\/2013\/11\/83643688_10.jpg 980w, https:\/\/donnexdiritti.com\/wp-content\/uploads\/2013\/11\/83643688_10-300x219.jpg 300w, https:\/\/donnexdiritti.com\/wp-content\/uploads\/2013\/11\/83643688_10-768x562.jpg 768w, https:\/\/donnexdiritti.com\/wp-content\/uploads\/2013\/11\/83643688_10-696x509.jpg 696w, https:\/\/donnexdiritti.com\/wp-content\/uploads\/2013\/11\/83643688_10-574x420.jpg 574w, https:\/\/donnexdiritti.com\/wp-content\/uploads\/2013\/11\/83643688_10-80x60.jpg 80w\" sizes=\"(max-width: 980px) 100vw, 980px\" \/><figcaption id=\"caption-attachment-13078\" class=\"wp-caption-text\">Donne in Ruanda<\/figcaption><\/figure>\n<p>Le donne per\u00f2 non sono sempre e soltanto vittime, perch\u00e9 anche dopo aver subito violenze sessuali, abusi fisici e psicologici, sono capaci si rialzarsi, prendere in mano il proprio destino e quello degli altri, per cambiarlo radicalmente. \u201cIl ruolo delle donne in <strong>Afghanistan<\/strong> \u2013 dice Simona Lanzoni, Project manager di Pangea \u2013 sono un esempio di partecipazione diretta ai processi di pace. <strong>Sono loro che si sono organizzate e hanno assistito e contribuito a tutte le conferenze internazionali, hanno preso la parola, si sono alzate e hanno lottato per il proprio paese.<\/strong> Queste donne esistono e vanno supportate. L\u2019Afghanistan non \u00e8 solo burka\u201d. I paesi che hanno aderito alla 1325 sono tanti e tra questi c\u2019\u00e8 anche l\u2019Italia, ma quelli che hanno effettivamente concretizzato le buone intenzioni in un Piano Nazionale d\u2019Azione sono una ventina nel mondo tra cui Danimarca, Svezia, Norvegia, Gran Bretagna, Svizzera, Austria, Olanda, Islanda, Spagna, Finlandia, e naturalmente il Canada.<\/p>\n<blockquote><p>l\u2019Unifem aveva pubblicato una valutazione con \u2028esperti indipendenti sul ruolo delle donne nei processi di costruzione della pace post conflitto<\/p><\/blockquote>\n<p><strong>sostenendo che per migliorare le cose in tempo di guerra\u2028 le NU e gli stati membri dovevano impegnarsi a includere \u2028le donne in tutti gli aspetti delle operazioni di pace e riconciliazione.<\/strong> In Italia si \u00e8 fatto ancora troppo poco: e se si ha qualche riscontro, anche se con uno sforzo che sembra dover essere sempre triplo rispetto agli altri paesi europei, \u00e8 solo grazie all\u2019impegno di alcune donne tra cui l\u2019on. Rosa Calipari (Pd, Commissione Difesa), che nel 2009 ha presentato e fatto votare una mozione per l\u2019adozione di un Piano nazionale d\u2019Azione italiano sulla 1325.<\/p>\n<p>&nbsp;<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"<p>Qualche anno fa, mentre ero a Damasco, migliaia di profughi iracheni scappavano dalla guerra che imperversava nel loro paese, l\u2019Iraq, cercando asilo in uno dei pochi posti, la Siria, che, insieme alla Giordania, accettava ancora di accoglierli. 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