{"id":3412,"date":"2013-11-24T01:57:29","date_gmt":"2013-11-24T00:57:29","guid":{"rendered":"http:\/\/donnexdiritti.wordpress.com\/?p=3412"},"modified":"2020-03-04T07:27:24","modified_gmt":"2020-03-04T06:27:24","slug":"lappello-di-rosa-al-mondo-madre-detenuta-e-torturata-in-carcere","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/donnexdiritti.com\/2013\/11\/24\/lappello-di-rosa-al-mondo-madre-detenuta-e-torturata-in-carcere\/","title":{"rendered":"Messico: l’appello di Rosa torturata in carcere col suo piccolo bambino"},"content":{"rendered":"

Rosa\u00a0L\u00f3pez D\u00edaz<\/strong> ha 33 anni, \u00e8 indigena di lingua tzotzil e proviene da una famiglia povera. Detenuta nel carcere messicano di San Crist\u00f3bal de las Casas, in Chiapas, con il suo secondo bambino, Leonardo, ha visto morire a 4 anni l\u2019altro suo figlio, Natanael, nato con gravi danni cerebrali in seguito alle torture<\/strong> subite da lei al momento dell\u2019arresto – avvenuto nel 2007 – mentre era incinta.<\/p>\n

Condannata a 27 anni e 6 mesi di reclusione (dopo uno sconto di pena di 17 giorni al processo d’appello) insieme a suo marito, Alfredo L\u00f3pez Jim\u00e9nez, al cugino di lui,\u00a0Juan Collazo Jimenez, e a un loro amico, Jimenez Pedro Lopez, Rosa \u00e8 stata accusata di un reato \u2013 un sequestro di persona – che non ha mai commesso ed \u00e8 stata costretta a firmare una confessione in bianco sotto la minaccia della violenza<\/strong> dopo essere stata picchiata malgrado fosse incinta di 4 mesi.<\/p>\n

\"\"Rosa \u00e8 l\u2019emblema di tutte le discriminazioni che un essere umano pu\u00f2 subire: \u00e8 donna, indigena, povera, detenuta e madre, e per questo pi\u00f9 esposta perch\u00e9 ricattabile attraverso il figlio. Ma Rosa \u00e8 anche il simbolo di tutte le mamme che sono costrette a crescere i propri figli in carcere<\/strong> dove i bambini rimangono, per lo pi\u00f9, fino a 5-6 anni<\/strong>: in Messico, Argentina, Bolivia, in Salvador, in Afghanistan, in Iran, in tutto il Medio Oriente, in Africa, e nel mondo intero, compresa l\u2019Italia.<\/p>\n

Donne che, per la maggior parte, sono in carcere per motivi legati al disagio sociale e alla povert\u00e0 ma anche reati inesistenti<\/p><\/blockquote>\n

Rosa da un anno porta avanti la sua lotta per la libert\u00e0 e per il riconoscimento dei diritti dei detenuti insieme alla sezione maschile del carcere N. 5 e al collettivo \u201cLos solidarios de la Voz del Amate\u201d, ma i funzionari governativi le fanno pressione perch\u00e9 abbandoni la lotta, e ora lei chiede aiuto al mondo. \u201cIl nostro obiettivo \u00e8 esigere che si rispettino i diritti umani<\/strong> e che ci restituiscano la libert\u00e0 che ci \u00e8 stata tolta dal mal governo \u2013 spiega Rosa in una lettera che ci ha mandato la settimana scorsa<\/strong> \u2013 e lo sciopero della fame che abbiamo fatto a settembre ha avuto l\u2019appoggio degli altri detenuti e la solidariet\u00e0 di chi \u00e8 fuori e lotta con noi. Nell\u2019atto di resistenza io ero l\u2019unica donna e ho ricevuto minacce da parte delle autorit\u00e0, ma grazie alle denunce che abbiamo fatto, alla fine hanno rispettato la mia protesta\u201d.<\/p>\n

\"\"
Messico<\/figcaption><\/figure>\n

Rosa ora vuole far conoscere a tutti e a tutte la sua storia che, come quella di altri e altre, \u00e8 una storia brutale di violazione dei diritti fondamentali e con questa lettera scritta dalle sue mani mentre sconta la pena nella cella della prigione di Cristobal, in Messico – dove ha imparato a leggere e a scrivere \u2013 lancia il suo appello al mondo raccontando la sua storia. \u201cA 5 anni preparavo tortillas per tutta la famiglia, andavo al mulino di Nixtamal dove si tritano i chicchi di mais, bollivo i fagioli, pulivo la casa, lavavo i vestiti. Ero la pi\u00f9 grande e accudivo i miei fratellini perch\u00e8 mia madre vendeva tortillas al mercato e mio padre coltivava il campo. A 14 anni ho cominciato a lavorare in una casa come serva dove facevo i lavori domestici per 100 pesos al mese<\/strong> (6 euro, ndr) e in questo periodo conobbi Rafael che sposai dopo pochi mesi con il consenso dei miei genitori. Un matrimonio infelice, perch\u00e9 presto le botte e maltrattamenti diventarono all\u2019ordine del giorno. Rimasta incinta a 17 anni, partorii 5 figli, uno dietro l\u2019altro, sempre sotto la minaccia delle botte, e sopportai i tradimenti di mio marito,<\/strong> solo perch\u00e9 i nostri costumi e le nostre tradizioni ci dicono di sopportare l’uomo e tutte le umiliazioni fino a che uno dei due muore”.<\/p>\n

\"\"“Poi venne il giorno in cui lui se ne and\u00f2 con un\u2019altra donna, lasciandomi sola con 5 figli da crescere, e dentro di me ringraziai dio ma non dissi nulla. Durante la giornata facevo la domestica per 800 pesos al mese (50 euro, ndr), e di notte gli orli alle camicie per dar da mangiare ai figli. Poi arriv\u00f2 Alfredo che vendeva vestiti al mercato.<\/strong> Ci siamo sposati dopo un po\u2019 che ci frequentavamo ed ero davvero felice prima di cadere in questo incubo. Io e Alfredo nel 2007 siamo stati accusati di un sequestro che non abbiamo fatto e condannati per un reato che non abbiamo commesso.<\/strong> Il fatto \u00e8 che il cugino di Alfredo, il giovane Juan Collazo Jimenez, e la figlia dello zio del mio ex marito, Claudia Estefani, si sono innamorati e sono scappati insieme senza il consenso dei genitori malgrado lei fosse minorenne, e per questa loro decisione io e mio marito siamo stati condannati a 27 anni e 6 mesi di carcere. Il padre della ragazza ci ha denunciati sapendo di mentire e alcune voci dicono che c\u2019\u00e8 stata una<\/strong> mazzetta di 40.000 pesos che \u00e8 servita a farci arrestare senza troppe indagini, tant\u2019\u00e8 che per farci firmare una confessione in bianco ci hanno torturati”<\/strong>.<\/p>\n

Quando ci hanno presi io ero incinta di 4 mesi ed ero con mio marito nel centro della citt\u00e0 di San Cristobal seduti sulle panchine della piazza<\/strong>. Mentre mangiavamo cocco all’improvviso qualcuno ci ha gridato di sdraiarci a terra ma noi non pensavamo che fosse diretto a noi. Cos\u00ec i poliziotti ci colpirono alle spalle, noi cademmo a terra e cominciarono a perquisirci come fossimo delinquenti.<\/strong><\/p>\n

\"\"Mio marito chiese la ragione di quell\u2019azione e se avessero un mandato per fare quello che facevano, e uno di loro gli punt\u00f2 la pistola alla tempia per farlo stare zitto. Ci alzarono e ci coprirono la faccia portandoci via su una camionetta.<\/strong> All’arrivo fecero scendere prima mio marito e poi mi portarono in un altro posto. Qui cominciarono a domandarmi: Dove la tenete sequestrata?<\/em> Io non sapevo di chi stessero parlando e continuavo a rispondere: chi? Chi cercate? <\/em>Poi, a un certo punto, cominciarono a darmi cazzotti. “Mi colpirono allo stomaco e io li avvisai che ero incinta ma loro dissero che non importava e continuarono a colpirmi.<\/strong> Mi misero un pezzo di stoffa bagnata in bocca e una busta di plastica in testa e sentii che mi stavano asfissiando <\/strong>e in quei secondi sentii la morte.<\/p>\n

Non so per quanto tempo mi torturarono, sentivo solo dei dolori insopportabili dovuti al fatto che ero in gravidanza<\/p><\/blockquote>\n

Non potevo vedere la faccia di quelli che mi picchiavano perch\u00e9 ero bendata e legata. Mi dettero un calcio e caddi a terra, e mi presero per i capelli trascinandomi per 2 o 3 metri, e cominciarono a toccarmi in tutte le parti del corpo.<\/strong><\/p>\n

Poi mi tolsero i pantaloni e le manette, mi bloccarono togliendomi la camicetta e lasciandomi completamente nuda<\/p><\/blockquote>\n

Non so quanti erano, sentii solo uno che diceva: Io sar\u00f2 il primo. Pensai che mi avrebbero violentata e allora gridai: vi supplico per l’amor di Dio non mi violentate dir\u00f2 quello che volete. Cos\u00ec accettai di essere colpevole di un delitto che non ho commesso. <\/strong>A quel punto uno di loro disse: Vedi com’\u00e8 facile? se l’avessi detto prima non avresti passato tutto ci\u00f2. Dirai che avete sequestrato Claudia Estefani chiedendo un riscatto di 2 milioni di pesos<\/em>. L’avete progettato tu e Alfredo. E poi mi chiesero: Sei pronta? E<\/em> io risposi di s\u00ec perch\u00e9 avevo troppa paura.<\/p>\n

\"\"<\/p>\n

Allora arriv\u00f2 una donna, che mi vest\u00ec e mi rimise le manette dicendomi: Cammina, stupida! <\/em>Poi mi fecero sedere in una stanza dove registrarono la mia voce che diceva quello che loro mi intimavano di dire, e l\u00ec vidi le facce degli uomini che mi avevano picchiata e torturata: uno di loro era grasso e con occhiali. Dopo un po\u2019 mi fecero delle foto e alcune persone eleganti mi fecero firmare dei fogli in bianco<\/strong>, pi\u00f9 un foglio in cui non so cosa c\u2019era scritto perch\u00e9 all\u2019epoca non sapevo n\u00e9 leggere n\u00e9 scrivere.<\/p>\n

Qui una donna, indigena e povera non ha diritti e mi trattarono peggio che un animale<\/p><\/blockquote>\n

Fu spaventoso, terribile, e la paura di morire era forte perch\u00e9 mi dissero che se non mi dichiaravo colpevole mi avrebbero portata in un terreno abbandonato e mi avrebbero ammazzata. Nel momento in cui entrai nella sezione femminile del carcere avevo paura perch\u00e9 ero incinta e dolente per tutte le botte prese.<\/strong> L\u00ec trovai altre donne indigene che mi diedero una coperta, caff\u00e8, cibo. Altre vittime di ingiustizia che sapevano cosa mi avevano fatto.<\/p>\n

La cosa pi\u00f9 brutta fu per\u00f2 quando Natanael venne al mondo perch\u00e9 aveva danni cerebrali, il volto deforme, era paralizzato<\/p><\/blockquote>\n

\"\"Qui in carcere non c\u2019erano cure e medicinali per lui e quando i miei genitori si presero cura di Natanael, il piccolo non poteva neanche piegare la testa per vedere il suo corpo e furono i medici che lo visitarono a dire che<\/strong> il bambino era nato malato per le torture che avevo ricevuto quando mi arrestarono.<\/strong> La vita di mio figlio \u00e8 stata quella di un morto vivente che a 4 anni e 16 giorni \u00e8 morto tra le braccia di mia madre.<\/strong> Un dolore molto grande, insopportabile. Dopo Natanael, durante uno degli incontri con mio marito, ho concepito Leonardo che sta con me e ci rimarr\u00e0 fino alla met\u00e0 del mese di luglio perch\u00e9 dopo andr\u00e0 a vivere con i miei genitori. Mi duole stare senza di lui, non vederlo crescere, non vedere i suoi primi disegni, ma \u00e8 troppo duro e difficile tenere un figlio in carcere<\/strong>: noi ci ammazziamo di lavoro fino all\u2019alba per guadagnare qualcosa e comprare pannolini, vestiti e altre cose per i nostri piccoli perch\u00e9 nessuno qui ci d\u00e0 niente. Quando le detenute partoriscono le portano all\u2019ospedale ma dopo il parto ci riportano al penitenziario dove non c\u2019\u00e8 pediatra, non ci sono medicine n\u00e8 per i bambini n\u00e8 per noi,<\/strong> e ci portano all\u2019ospedale solo quando vedono che qualcuno sta morendo.<\/p>\n

Il settore femminile dove viviamo lo puliamo noi una volta alla settimana, turnandoci il naso: I neonati vivono con noi in celle di 3 metri x 4 con almeno 6 donne<\/p><\/blockquote>\n

e non c\u2019\u00e8 un luogo per i neonati perch\u00e9 ogni donna cura il figlio da sola e senza niente. Per il resto abbiamo un bagno in ogni cella e il pranzo che ci danno \u00e8 lo stesso anche per i piccoli perch\u00e9 non ci sono cibi speciali per loro. Spesso abbiamo dolore di stomaco e mal di testa, o malattie tipo influenza ma anche salmonellosi.<\/p>\n

\"\"Qui in Chiapas e in Messico non c\u2019\u00e8 giustizia. Le autorit\u00e0 che si dicono competenti si dedicano solo a ledere i diritti umani, a inventare delitti contro persone innocenti, e come oggi lo hanno fatto con me, domani continueranno a farlo con altri e altre.<\/strong> Per questo chiedo umilmente alle organizzazioni internazionali che lavorano sui diritti umani e denunciano le ingiustizie nei confronti delle persone che non possono difendersi, di intervenire nella mia situazione affinch\u00e9 nessun\u2019altra donna sia vittima di ingiustizia. Quello che pi\u00f9 desidero nella vita e quello che chiedo \u00e8 ottenere la libert\u00e0 per me e per gli altri ingiustamente condannati, per continuare a lottare per la societ\u00e0, conquistando altri cuori alla nostra causa. La forza me la d\u00e0 mio figlio. Quando vedo il suo visetto innocente, mi viene una grande tristezza, ma dalla tristezza nasce il mio coraggio e la rabbia, grandi e degni come il mio dolore\u201d.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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