{"id":3404,"date":"2013-11-24T01:45:05","date_gmt":"2013-11-24T01:45:05","guid":{"rendered":"http:\/\/donnexdiritti.wordpress.com\/?p=3404"},"modified":"2020-03-04T07:57:08","modified_gmt":"2020-03-04T06:57:08","slug":"l8-marzo-a-betlemme-2011","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/donnexdiritti.com\/2013\/11\/24\/l8-marzo-a-betlemme-2011\/","title":{"rendered":"A Betlemme il centro antiviolenza fatto dalle italiane"},"content":{"rendered":"
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Emanuela Moroli \u00e8 presidente di Differenza Donna di Roma, la Onlus che, grazie al sostegno del Ministero Affari sociali dell\u2019Anp e della Cooperazione italiana, ha costruito e fatto crescere quello che \u00e8 considerato uno dei centri antiviolenza pi\u00f9 all’avanguardia nel mondo: il Centro\u00a0Mehwar\u00a0<\/i>di Beit Sahour, ai piedi di Betlemme, che nel 2010 ha ricevuto il premio per\u00a0L’alto valore dell’impegno nella difesa dei diritti delle donne<\/i> da parte dell’Alto Commissariato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite.<\/strong><\/div>\n
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\"\"<\/a><\/i>Ed \u00e8 qui che le donne\u00a0palestinesi festeggiano il loro 8 marzo, che a Betlemme \u00e8 cominciato gi\u00e0 dal 5: \u201cDue giorni fa \u00e8 andato in scena un gruppo di Ramallah che \u00e8 venuto a\u00a0Mehwar<\/i>\u00a0con il suo spettacolo \u2013 racconta un’operatrice italiana del Centro – mentre il 6 c’\u00e8 stato un trio di musiciste che dopo il concerto si sono offerte di insegnare i primi rudimenti dei loro strumenti alle donne che sono qui. Ma il grande giorno \u00e8 oggi, 8 marzo, perch\u00e9 il Comune di Betlemme ha promosso un’iniziativa sulla piazza, dove si affacciano sia la chiesa della nativit\u00e0 sia la moschea, per un confronto pubblico di tutte le organizzazioni di donne dell’area<\/strong> che prendono parte a un grande progetto della Cooperazione italiana: il\u00a0Tawasol<\/i>, che cerca di rendere stabile e strutturata la rete delle organizzazioni delle donne della Cisgiordania\u201d.<\/div>\n
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\u201cLe donne che arrivano per chiedere aiuto sono di solito mamme che non ce la fanno pi\u00f9\u00a0 – dice Moroli – o giovani che subiscono pesanti abusi in famiglia, e che dopo l’ennesima violenza decidono di chiedere aiuto.<\/p>\n<\/div>\n

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Un po’ di tempo fa \u00e8 arrivata una ragazza giovanissima, il padre l’aveva legata a una catena con i cani perch\u00e9 era convinto che non fosse sua figlia. lei non riusciva a camminare e non veniva a pranzo perch\u00e9 fino a quel momento aveva mangiato nella ciotola con i cani”<\/p>\n<\/div>\n<\/blockquote>\n

Tawasol<\/i>\u00a0\u00e8 il progetto che coordina la rete di tutte le associazioni di donne presenti su l’intero territorio palestinese ed \u00e8 molto utile perch\u00e9 c’\u00e8 uno scambio tra diverse realt\u00e0 che serve a risolvere problemi diversi tra loro, mentre\u00a0Mehwar<\/i>\u00a0coordina i centri antiviolenza aperti in territori molto tradizionali che sono nella zona di Hebron, e precisamente a Dura, Yatta e Hall, luoghi in cui non si esce di casa e dove gli sportelli sono stati aperti in edifici dove ci sono anche altri servizi,<\/strong> in modo da poter permettere alla donna di dire che sta andando dal medico o comunque da un’altra parte. Non c’\u00e8 da stupirsi se si considera che in Palestina \u00e8 ancora in vigore una legge giordana che risale al ’56, che prevede la pena di soli 3 mesi di carcere in caso di omicidi d\u2019onore di mogli, sorelle o figlie.<\/div>\n<\/div>\n
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Manuela Moroli<\/figcaption><\/figure>\n

\u201cQuando abbiamo pensato di fare il Centro antiviolenza in Palestina \u2013 spiega Moroli – abbiamo incontrato i ministri coinvolti e tutti ci dicevano che una cosa del genere l\u00ec era impensabile perch\u00e9 una donna che denuncia una violenza disonora tutta la famiglia, che non \u00e8 padre, madre e figli, ma un intero clan.<\/strong> Cos\u00ec abbiamo costruito un luogo utile alla comunit\u00e0 e non un luogo reietto, inserendo non solo una serie di consulenze di tipo legale e psicologiche, ma anche una palestra gratuita, una caffetteria, un baby garden, una sala multimediale, aperti a tutte le donne, e ci sono state tantissime di loro che sono uscite di casa per la prima volta per venire in palestra\u201d.<\/strong> Quando Mehwar\u00a0<\/i>\u00e8 stato progettato\u00a0era il 2000 e ci sono voluti 7 anni per costruirlo e prepararlo: il Centro \u00e8 stato inaugurato nel 2007 alla presenza dei ministri di Hamas.<\/p>\n

Il merito \u00e8 stato di Diana Mubarak ministero degli Affari Sociali che \u00e8 andata a chiedere aiuto alla cooperazione italiana perch\u00e9 non sapevano pi\u00f9 come gestire le violenze e gli abusi sulle donne<\/p><\/blockquote>\n

e qui un uomo sensibile al problema, il dottor Aldo Sicignano direttore della cooperazione, si \u00e8 interessato e ha dato vita al progetto. Un altro contributo importante \u00e8 stato quello della municipalit\u00e0 di Betlemme che ha donato il terreno su cui \u00e8 stato edificato il Centro, un regalo significativo in un luogo dove la terra \u00e8 la patria pagata col sangue.<\/strong> L’edificio, che \u00e8 stato costruito dagli architetti Roberto Barretta e Salameh Murkark, \u00e8 una struttura fatta da due anelli concentrici con al Centro il giardino e le stanze delle donne,<\/strong> intorno a cui c’\u00e8 un altro anello con gli uffici e le strutture aperte al pubblico come la palestra, il caff\u00e9, ecc.<\/p>\n<\/div>\n<\/div>\n

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\"\"Una struttura unica al mondo in cui il Centro di accoglienza vero e proprio non si vede ed \u00e8 protetto dall’anello esterno che invece \u00e8 collegato al territorio, in modo da unire l’esigenza di protezione di queste donne, che a volte sono anche rivendicate e cercate dalle stesse famiglie che le hanno abusate,<\/strong> senza trascurare l’importanza dell’apertura all’esterno con strutture rivolte a tutte le donne, anche quelle non abusate. \u201cPer capire il livello di sudditanza \u2013 continua Emanuela Moroli – ti racconto la storia di una donna che aveva il figlio di 6 anni gravemente malato e che non poteva portare il piccolo dal medico perch\u00e9 il marito era fuori e lei non poteva andare da sola<\/strong>. Il bimbo \u00e8 stato salvato da un parente, maschio, che lo ha preso e portato all’ospedale\u201d. <\/strong><\/div>\n
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In Palestina c’\u00e8 un abisso tra la citt\u00e0 e i villaggi rurali, perch\u00e9 in citt\u00e0 le donne sono pi\u00f9 avanti, pi\u00f9 emancipate, pi\u00f9 consapevoli, mentre nei villaggi ci sono situazioni limite, soprattutto in materia di libert\u00e0 personale<\/p><\/blockquote>\n

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\u00a0Eppure dei passi da gigante sono stati fatti, perch\u00e9 quest’anno il ministero palestinese degli Affari sociali ha presentato un piano nazionale antiviolenza, un evento importantissimo per questo territorio. Malgrado questo il cruccio \u00e8 che adesso, a 10 anni dal progetto, il Centro passer\u00e0 in mano alle istituzioni, una cosa prevista dal progetto stesso ma che un po’ preoccupa chi ha dato vita aMehwar<\/i>\u00a0\u201cperch\u00e9 l’istituzione potrebbe ammazzare il Centro\u201d.<\/strong><\/div>\n<\/div>\n
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\"\"La presidente\u00a0di Differenza Donna, che ha formato tutte le operatrici che lavorano nel Centro con un interscambio durato anni tra le donne italiane e quelle palestinesi, \u00e8 convinta che \u201ccon tutte le buone intenzioni, in realt\u00e0 l’istituzione qui tende sempre a rimandare le donne a casa dopo il recupero e questo \u00e8 un boomerang perch\u00e9 molte ricadono nello stesso problema per cui si sono arrivate. E’ vero che in Palestina una donna non pu\u00f2 vivere da sola perch\u00e9 sarebbe emarginata, e quindi sono loro stesse che vogliono tornare a casa, ma il rischio \u00e8 che siano uccise o che ritornino al Centro per nuove violenze,<\/strong> e quindi, il pi\u00f9 delle volte, si cerca di affidare la donna a parenti o di farle avere un alloggio vicino la casa della famiglia. Alle volte per\u00f2 fuggire \u00e8 l’unica possibilit\u00e0 e ricordo una delle poche donne arrivata da noi che non \u00e8 pi\u00f9 tornata a casa.<\/strong><\/div>\n
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una ragazza venuta al Centro dopo che il padre l’aveva colpita con 4 colpi di arma da fuoco perch\u00e9 a 19 anni si era innamorata di un cristiano<\/p>\n<\/div>\n<\/blockquote>\n

La fortuna ha voluto che l’uomo fosse convinto di averla uccisa, mentre lei era viva ed \u00e8 stata soccorsa e portata in ospedale dove \u00e8 stata salvata.<\/strong> Il suo percorso \u00e8 stato esemplare perch\u00e9 questa ragazza ha ricominciato lentamente a vivere dopo aver visto in faccia la morte, ma il problema si \u00e8 ripresentato quando il padre ha saputo che era ancora viva e la rivoleva a tutti i costi.<\/div>\n
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Un giorno si sono presentati al cancello di Mehwar tre macchine con dentro uomini armati fino ai denti. Appena li ho visti arrivare ho capito e ho messo la ragazza su una macchina, dal retro, facendola portare in un albergo<\/p>\n<\/div>\n<\/blockquote>\n

Appena in tempo perch\u00e9 il padre, accompagnato da due uomini armati, \u00e8 entrato chiedendo di lei. Noi eravamo rimaste in due, io e la coordinatrice, e lo abbiamo affrontato con un testa a testa di 5 ore. La cosa buffa era che lui rivendicava il possesso della donna perch\u00e9 era sua figlia e non capiva perch\u00e9 noi non gliela davamo e mi diceva arrabbiato: ‘ma cosa importa a te? Non \u00e8 roba tua’.<\/strong> A un certo punto gli ho chiesto la ragione per cui dovevo dargli la ragazza sapendo che l’avrebbe uccisa, il perch\u00e9 avrei dovuto dare una persona in mano al suo assassino. In conclusione li abbiamo talmente esasperati che o ci uccidevano o se ne andavano.<\/strong> Se ne sono andati e oggi questa ragazza \u00e8 viva, lavora in un altro paese, e soprattutto \u00e8 libera\u201d.<\/div>\n<\/div>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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