{"id":2921,"date":"2021-03-03T05:30:38","date_gmt":"2021-03-03T04:30:38","guid":{"rendered":"http:\/\/blog.ilmanifesto.it\/antiviolenza\/?p=2921"},"modified":"2021-03-03T07:01:20","modified_gmt":"2021-03-03T06:01:20","slug":"cosa-significa-centro-antiviolenza-dl-femminicidio-iv-parte","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/donnexdiritti.com\/2021\/03\/03\/cosa-significa-centro-antiviolenza-dl-femminicidio-iv-parte\/","title":{"rendered":"Cosa significa centro antiviolenza?"},"content":{"rendered":"

In Italia esistono circa 100 Centri Antiviolenza, e qui mi riferisco ai 64 Centri afferenti all\u2019associazione nazionale D.i.Re (Donne in rete contro la violenza), degli altri non conosco le metodologie e le teorie a cui fanno riferimento. I Centri nascono in Italia agli inizi degli anni \u201990. <\/strong>Fino a quel momento le donne non avevano dei luoghi dove rivolgersi per essere ospitate o semplicemente ascoltate e sostenute nei propri diritti.<\/p>\n

\"\"<\/p>\n

L\u2019origine dei Centri si colloca nei gruppi di autocoscienza femminista ed \u00e8 stato proprio merito del movimento femminista se la violenza domestica \u00e8 stata portata alla luce, nominata e definita nella sua complessit\u00e0, e se sono state create strutture di aiuto alle donne e posta la questione alle istituzioni come un vero e proprio problema sociale. Negli anni 90 sono nati in Italia 70 Centri Antiviolenza, ci siamo riuniti nel 1998 a Ravenna per creare una piattaforma di pratiche condivise.<\/strong> In questi anni i Centri hanno dibattuto su come creare servizi indipendenti e attenti a rispondere ai bisogni delle donne e dei bambini, vittime della violenza maschile, ma soprattutto come obbligare le istituzioni a mettere al centro della loro agenda politica azioni contro la violenza.<\/p>\n

I Centri non sono attivi solo per l\u2019accoglienza, non sono servizi, rappresentano luoghi di protagonismo femminile<\/p><\/blockquote>\n

sono veri e propri laboratori sociali dove si produce sapere ed esperienza e dove, grazie alla sinergia delle donne, si \u00e8 costruita in anni ed anni una cultura nuova.Alla base del lavoro dei centri ci sono alcuni punti cardine. Primo: parliamo di violenza di genere<\/strong>,\u00a0quindi di violenza contro le donne da intendersi come qualsiasi atto di violenza sessista, che produca o possa produrre danni o sofferenze fisiche, sessuali o psicologiche,<\/strong> ivi compresa la minaccia di tali atti, la coercizione o privazione arbitraria della libert\u00e0, sia nella vita pubblica che nella vita privata. Secondo: il\u00a0personale \u00e8 tutto femminile<\/strong>, perch\u00e9 una donna che ha subito una violenza da un uomo, nel momento in cui chiede aiuto, interpella nell\u2019altro una rappresentazione di se stessa, quindi di una persona di sesso femminile.<\/p>\n

\"\"<\/p>\n

In teoria si parla di relazione sessuata. Il concetto di violenza contro le donne ha a che fare con le relazioni di coppia, con le rappresentazioni sociali dei rapporti di genere e con il potere. Dobbiamo partire da questo concetto per capire quanto \u00e8 differente essere donne o uomini nella propria professione, perch\u00e9 non \u00e8 vero che esiste una neutralit\u00e0 nel ruolo rivestito (avvocata\/o, psicologa\/o, ecc.). Terzo:<\/p>\n

la violenza alle donne \u00e8 un problema strutturale e non un\u2019emergenza, un problema politico-culturale<\/p><\/blockquote>\n

Cosa significa che \u00e8 un problema politico?\u00a0 Significa che affrontare il problema della violenza sulle donne diventa legittimo solo in un contesto che mette in discussione la subordinazione all\u2019uomo di donne e bambini. Quarto: il rifiuto dell\u2019atteggiamento di responsabilizzazione o colpevolizzazione delle donne. Infine, noi non lavoriamo mai con il maltrattante: la violenza contro le donne \u00e8 una violazione dei diritti umani, un crimine e noi lo affrontiamo come tale,<\/strong> quindi lavoriamo solo con chi la subisce e mai, in nessun caso, con il maltrattante.Per la metodologia si parte dalla considerazione che il Centro Antiviolenza \u00e8 un luogo di transito verso l\u2019autonomia, un luogo per sottrarsi alla violenza, \u00e8 un luogo di avvicinamento alla libert\u00e0.<\/p>\n

\"\"Questo concetto implica il superamento di approcci tecnici standardizzati e aprioristici,<\/strong> a favore di un metodo che parte dal dare credito al racconto di chi soffre e dalla fiducia costruita nella relazione. Le donne che subiscono violenza, la violenza stessa e le sue conseguenze, cos\u00ec come i sintomi, non possono essere considerate un oggetto a cui sovrapporre le professionalit\u00e0. L\u2019operatrice, la psicologa, la legale, varcando la porta del Centro sono capaci di spogliarsi del loro ruolo,<\/strong> proprio per utilizzare al meglio, nella relazione, saperi e professionalit\u00e0.<\/p>\n

Su questa base instauriamo un rapporto di reale reciprocit\u00e0 con la donna, che in quel momento \u00e8 in una posizione fortemente asimmetrica, infatti si presenta non con un ruolo professionale o sociale ma solo con la sofferenza<\/p><\/blockquote>\n

\"\"Tra noi c\u2019\u00e8 una disparit\u00e0 che per\u00f2 \u00e8 positiva: non siamo uguali ma possiamo esserci utili, noi non diamo forza alle donne ma ci scambiamo la forza<\/strong>. Le donne che hanno subito violenza sono in stato temporaneo di disagio, sono cio\u00e8 donne che stanno male oggi ma potranno stare bene domani: quindi non facciamo mai una fotografia sempre negativa, sempre limitante, sempre come un destino delle donne. La donna che si rivolge a noi \u00e8 un soggetto agente, \u00e8 attrice principale del suo percorso di uscita dalla violenza, un percorso che la porta a riprendere in mano la sua esistenza. L\u2019equipe del centro struttura con lei e non per lei, un progetto di ridefinizione, riorganizzazione della propria vita, e mai ci sostituiamo a lei.<\/p>\n

Il tipo di aiuto fornito alla donna non \u00e8 di tipo assistenziale, in quanto la sola assistenza\u00a0 lascerebbe la donna in una situazione passiva<\/p><\/blockquote>\n

\"\"Lo scopo del nostro lavoro \u00e8 invece quello di aiutare la donna affinch\u00e9 aiuti se stessa a ritrovare il coraggio e la forza per costruirsi un progetto di vita futura concreto che tuteli se stessa e suoi figli.<\/strong> Un lavoro che parte dall\u2019analisi della propria storia personale, dei sensi di colpa, del vissuto di violenza al fine di riacquistare un livello di autostima e assertivit\u00e0 tali che le permettano di gestire e superare le difficolt\u00e0. <\/strong>Nello specifico il centro di Nuoro fa accoglienza telefonica, che in genere \u00e8 il primo contatto perch\u00e9 il telefono \u00e8 un mezzo molto efficace per superare il senso di vergogna connesso alla violenza e permette di rimanere anonime.<\/p>\n

Ed \u00e8 durante la prima telefonata che cerchiamo di \u201cagganciare\u201d la donna trasmettendole fiducia credibilit\u00e0 e dimostrandole che conosciamo a fondo il problema. Questo aspetto motiva la donna a presentarsi al centro a fare dei colloqui. Facciamo accoglienza presso il Centro, che consiste in una serie di colloqui di durata variabile, in base alle esigenze delle donne<\/strong>: ci sono donne che vengono per un anno intero a cadenza fisse e donne che frequentano il centro qualche mese o qualche volta.<\/p>\n

I colloqui hanno l\u2019obiettivo di aprire uno spazio alla donna per parlare di s\u00e9, per elaborare il suo vissuto di violenza e superare il danno del trauma<\/p><\/blockquote>\n

E la metodologia prevede che ogni azione (attivazione di servizi, denunce, separazione, ecc.) venga intrapresa solo con il consenso della donna<\/strong> e che si lavori sempre per il suo vantaggio secondo i presupposti della protezione, della riservatezza e anonimato e del non giudizio.\u00a0L’ospitalit\u00e0 nella casa di accoglienza, in base alla legge regionale che prevede 120 di gratuit\u00e0, valutabili dall\u2019equipe,<\/strong> e i progetti con i bambini vittime di violenza assistita. Le donne molto spesso hanno infatti\u00a0dei figli che a loro volta sono delle vittime di violenza diretta o assistita.<\/p>\n

\"\"<\/p>\n

Il Centro mette a punto dei percorsi di riparazione del danno per i bambini e per le donne come \u201cmadri\u201d, in quanto la violenza danneggia fortemente anche la relazione madre-bambino. La letteratura scientifica sul trauma afferma che come un\u2019esperienza negativa danneggia il funzionamento di un bambino, altre esperienze positive e riparative,<\/strong> possono ridare una funzionalit\u00e0 corretta a delle aree che si sono messe a lavorare scorrettamente.<\/strong> \u00c8 da qui che parte la nostra metodologia di lavoro, mettiamo quindi a punto azioni di buon trattamento come alternativa multiforme al maltrattamento all\u2019infanzia,\u00a0partendo dal presupposto che per contrastare il maltrattamento non basta individuarlo e fermarlo, come spesso si fa, ma bisogna sostituirlo con altro.<\/p>\n

\"\"<\/p>\n

Purtroppo, molto spesso, i bambini all\u2019interno del centro fanno percorsi eccellenti di elaborazione del danno<\/strong>, sperimentano altri modelli di pensiero e di comportamento, stabiliscono un forte rapporto di fiducia e alleanza con la madre, unico genitore protettivo, ma poi c\u2019\u00e8 lo scontro con la realt\u00e0 giudiziaria dove, per legge, nei casi di separazione l\u2019affido \u00e8 condiviso. Nei casi di violenza non dovrebbe essere cos\u00ec, ma poich\u00e9 in Italia molto spesso si confonde la violenza con il conflitto<\/strong>, quando le donne chiedono la separazione viene contemplato l\u2019affido condiviso anche se\u00a0il padre \u00e8 violento:<\/p>\n

eventualit\u00e0 che mette a rischio il bambino che verr\u00e0 usato per continuare a maltrattare e a esercitare potere sulla ex<\/p><\/blockquote>\n

\"\"
Richard Gardner<\/figcaption><\/figure>\n

Casi in cui nessuno sembra tenere in considerazione che la violenza alle madri e ai bambini non si ferma con la separazione tanto che, quando i bambini chiedono di non vedere pi\u00f9 il padre, ci sono psicologi, psichiatri e avvocati che si appellano alla cosiddetta PAS (Sindrome di alienazione parentale)<\/strong>: una \u201csindrome psichiatrica\u201d inventata dallo psichiatra americano Richard Gardner, il quale afferma che il bambino malato di Pas \u00e8 un bambino manipolato dalla madre nel rifiutare il padre, e che eventuali denunce di abusi e maltrattamenti paterni, in caso di Pas, sarebbero falsi.<\/strong> La terapia che Gardner propone \u00e8 una terapia coatta, dove il bambino deve essere allontanato dalla madre (genitore alienante) al fine di agevolare il rapporto con il padre (genitore alienato).<\/p>\n

Il bambino per Gardner non va creduto e il terapeuta deve ignorare le sue lamentele, forzandolo a vedere il padre<\/p><\/blockquote>\n

come per esempio dirgli che la madre andr\u00e0 in prigione finch\u00e8 lui non si decider\u00e0 ad incontrare il padre. Tale sindrome non \u00e8 provata da alcuna ricerca scientifica<\/strong>, non \u00e8 mai stata integrata nelle varie edizioni dei DSM e l\u2019associazione degli psicologi americani mette in guardia gli psicologi forensi dall\u2019utilizzarla.<\/strong> In Italia per\u00f2 si fanno ancora molte diagnosi di PAS. Ma chi sono le donne che si rivolgono al centro? Nel 97% dei casi si tratta di donne che hanno subito violenza in famiglia dal proprio partner o ex, e sono donne che hanno subito violenza fisica, psicologica, economica, sessuale o stalking.<\/p>\n

\"\"<\/p>\n

Provengono da tutte le classi sociali e con differenti livelli di istruzione e molte hanno un lavoro, mentre altre lo avevano ma sono state costrette a lasciarlo perch\u00e9 il proprio partner non le permetteva di andarci. Tuttavia c’\u00e8 da chiarire una volta per tutte che anche l\u2019indipendenza economica delle donne non costituisce una garanzia di libert\u00e0 dalla violenza<\/strong>, vi sono meccanismi psicologici e culturali complessi\u00a0 per cui una donna rimane con il partner violento.<\/p>\n

E chi \u00e8 il maltrattante? \u00e8 un uomo normale, con una vita sociale e nel 99% dei casi con un lavoro<\/p><\/blockquote>\n

L\u2019uomo violento per sfuggire alle sue responsabilit\u00e0, tenta con qualunque mezzo di favorire il silenzio della donna ma se non riesce ad ottenerlo attacca la credibilit\u00e0 della stessa: \u00e8 pazza, non \u00e8 vero, si \u00e8 inventata tutto, mi vuole rovinare perch\u00e9 le ho detto che non la amo pi\u00f9, ecc. <\/strong><\/p>\n

\"\"Naturalmente nel centro si svolgono attivit\u00e0 di formazione, prevenzione e sensibilizzazione, ma anche gruppi di auto e mutuo aiuto, interventi per le donne migranti, consulenza legale, orientamento e accompagnamento al lavoro, attivit\u00e0 di rete, raccolta ed elaborazione dati, raccolta di materiale in tema di violenza. Mentre le figure professionali presenti sono l’operatrice di accoglienza, la psicologa, l’assistente sociale, la collaboratrice amministrativa, educatrici per le bambine\/i, legali, ricercatrici\/documentariste, progettiste e formatrici<\/strong> (alcune figure sono volontarie altre hanno regolari rapporti di lavoro). <\/strong>Ma a essere continuamente messa a dura prova \u00e8 anche la credibilit\u00e0 di chi lavora per far emergere e contrastare la violenza sulle donne: ci troviamo molto spesso sottoposte a un isolamento professionale e a una squalifica personale”.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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