sulla base della piena applicazione della Convenzione di Istanbul e delle raccomandazioni della Commissione d\u2019inchiesta sul femminicidio al Senato XVIII legislatura. <\/strong><\/p>\n Le esperte e gli esperti della task force prendono in esame, volta per volta, sentenze pubbliche di tribunali sul territorio nazionale in cui si rintracciano gravi violazioni in materia di diritti umani volti a rivittimizzare donne e bambini\/e<\/strong>. Violazioni che si riferiscono a iter giudiziari che si concludono spesso con sentenze che rivittimizzano queste donne, gi\u00e0 vittime di violenza domestica, e i loro figli minori, vittime di violenza assistita o direttamente subita (sessuale, fisica e\/o psicologica).<\/p>\nDonne che pur avendo denunciato sono punite in quanto non credute dalle stesse istituzioni che dovrebbero proteggerle<\/p><\/blockquote>\n
Donne che vengono quindi sottoposte insieme ai figli a stressanti e ripetute osservazioni, nonch\u00e9 a monitoraggi da parte di servizi sociali e consulenti tecnici d\u2019ufficio (CTU),<\/strong> che non solo mettono la loro vita sotto la lente di ingrandimento ma che esprimono giudizi devastanti sulle loro persone, senza invece nessuna verifica per quanto riguarda le violenze denunciate. La Task Force prende in esame i casi in cui le donne, che hanno denunciato (formalmente o informalmente) partner violenti, vengono considerate responsabili rispetto a ci\u00f2 che accade nella relazione padri-figli sulla base di teorie ascientifiche derivanti e\/o collegate al costrutto dell\u2019alienazione parentale.<\/strong><\/p>\n Casi in cui le donne, su questa base, sono private dei loro figli prelevati con la forza e collocati in strutture per essere \u201cresettati\u201d e obbligati a ristabilire un rapporto con il genitore violento e\/o abusante. La Task force<\/strong> segnala inoltre come tutto ci\u00f2 accada malgrado oggi, a sostegno del diritto delle donne e minori a non vedersi stravolgere la vita quando sono vittime di violenza, sia gi\u00e0 entrata in vigore la riforma Cartabia<\/strong> con i suoi articoli dedicati alle disposizioni speciali \u201csulla violenza domestica e di genere\u201d (Dlg 149\/22 – Capo terzo, sezione I artt. 473.Bis-40\/46).<\/p>\n <\/em>In 10 punti: che cosa andiamo a cercare nelle sentenze<\/strong><\/h5>\n1<\/strong> – Negazione della violenza domestica anche in presenza di denunce, procedimenti e\/o allegazioni o qualsiasi atto che dimostrino la sussistenza di comportamenti violenti da parte del partner.<\/em><\/p>\n <\/em><\/strong><\/h5>\n2<\/strong> – Nessuna indagine autonoma che tenga conto delle allegazioni di violenza domestica, secondo quanto indicato dalla Relazione Illustrativa del Dlg 149\/22 (G.U. n. 245 del 19.10.22).<\/em><\/p>\n <\/em><\/strong><\/h5>\n3<\/strong> – Principio della bigenitorialit\u00e0 anteposto all\u2019interesse del minore; affido condiviso imposto anche nei casi di violenza domestica contro l\u2019interesse del minore.<\/em><\/p>\n <\/em><\/strong><\/h5>\n4<\/strong> – Nessun ascolto diretto del minore da parte del giudice.<\/em><\/p>\n5<\/strong> – Ricorso alle CTU con quesiti centrati sulla competenza genitoriale da valutare sulla base del criterio dell\u2019accesso ( il genitore migliore \u00e8 colui che favorisce l\u2019altro nel rapporto con il figlio) da proporre e raggiungere in qualsiasi circostanza , compresa la presenza di violenza domestica.<\/em><\/p>\n <\/em><\/strong><\/h5>\n6<\/strong> – Utilizzo di costrutti ascientifici come l\u2019alienazione parentale e\/o tutti i derivati da essa. Pregiudizio verso la madre vittima di maltrattamenti bollata come alienante e ostativa.<\/em><\/p>\n <\/em><\/strong><\/h5>\n7<\/strong> – Adesione acritica dei giudici alle conclusioni di Consulenze Tecniche d\u2019ufficio, alle relazioni servizi sociali e curatori, basate quasi sempre sul concetto di madre inattendibile, alienante e ostativa.<\/em><\/p>\n <\/em><\/strong><\/h5>\n8<\/strong> – Provvedimenti penalizzanti per la madre come sospensione della responsabilit\u00e0 genitoriale e allontanamento dai minori.<\/em><\/p>\n <\/em><\/strong><\/h5>\n9<\/strong> – Allontanamento coattivo del minore dalla madre senza valutazione dei danni per il bambino\/a e con uso della forza pubblica senza elementi di rischio grave per il minore.<\/em><\/p>\n <\/em><\/strong><\/h5>\n10<\/strong> – Prescrizione giudiziaria di trattamenti sanitari su minore e adulti; trattamenti imposti sui minori del tipo “ricongiungimento\/ riallineamento” con il genitore rifiutato.<\/em><\/p>\nIl caso<\/strong><\/h5>\n Questa sentenza di Cassazione riguarda il caso di una donna che, rimasta incinta a soli 16 anni, ha sposato il padre del bambino: un uomo denunciato dopo qualche tempo con l\u2019accusa di violenza domestica e per questo rinviato a giudizio.<\/strong> Un padre che, dopo la separazione dei genitori, il bambino non vuole incontrare con reazioni fisiche di paura evidenti a tutti. Reazioni che per gli assistenti sociali non sono da ascrivere al comportamento del padre, gi\u00e0 denunciato, ma a quelli della madre che alienerebbe il figlio, abbracciando cos\u00ec la teoria ascientifica dell\u2019alienazione parentale<\/strong> (PAS o AP) per cui se un bambino rifiuta il padre non \u00e8 responsabilit\u00e0 di quest\u2019ultimo ma della madre che per rancore o vendetta lo condiziona e gli istilla l\u2019immagine di un pap\u00e0 cattivo.<\/p>\nUna motivazione inesorabile quella dell\u2019alienazione parentale che, sebbene non supportata da alcuna base scientifica, ha portato all\u2019allontanamento coattivo del bambino dalla madre<\/p><\/blockquote>\n
L\u2019iter giudiziario<\/strong><\/h5>\n Il risultato \u00e8 quindi stato un decreto emesso dal Tribunale per i minorenni dell’Umbria<\/strong> con il quale sono state disposte: la sospensione della responsabilit\u00e0 genitoriale della madre nei confronti del figlio minore; l\u2019affido di quest’ultimo al Servizio sociale<\/strong> con collocamento dello stesso in idonea casa famiglia<\/strong>; l\u2019incarico per il Servizio sociale di attuare una graduale ripresa delle relazioni padre-figlio con incontri in modalit\u00e0 inizialmente protetta nonch\u00e9 di attuare la relazione madre-figlio in modalit\u00e0 protetta; incarico al Servizio di Riabilitazione Et\u00e0 Evolutiva di attuare un percorso di supporto psicologico in favore del minore e della sua relazione con il padre<\/strong>; incarico al Dipartimento di salute mentale territorialmente competente per mettere a disposizione della madre un percorso di sostegno psicologico.<\/p>\nDecreto contro cui la madre ha fatto un ricorso respinto dalla Corte d\u2019appello e anche in Cassazione<\/p><\/blockquote>\n
La sentenza di Cassazione<\/strong><\/h5>\nSulla base dei criteri esposti sopra, la task force #STOPVIOLENZA<\/strong><\/p>\n\nha preso in esame l\u2019ordinanza emessa dalla CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE (n. 26279 del 6.9.22),<\/strong> composta dai seguenti Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. Acierno Maria, Presidente \u2013 Dott. Nazzicone Loredana, Consigliere \u2013 Dott. Conti Roberto Giovanni \u2013 Consigliere, Dott. Casadonte Annamaria \u2013 Relatrice Consigliere, Dott. Farulini Paolo \u2013 Consigliere;<\/li>\ne ha rintracciato gravi criticit\u00e0 in materia di violazione di diritti e vittimizzazione secondaria sulla madre e sul minore<\/strong>, in quanto, a parere di questa task force, le pronunce negano complessivamente la violenza domestica e disattendono l\u2019applicazione della Convenzione di Istanbul (L. 77\/13), nonch\u00e9 violano diritti e norme. Nell\u2019Ordinanza i giudici di Cassazione confermano l\u2019operato del Tribunale dei Minorenni dell\u2019Umbria<\/strong> (primo grado) e quello della Corte di appello di Perugia<\/strong> (secondo grado) che gi\u00e0 avevano proceduto a rivittimizzare la mamma, che aveva denunciato la violenza domestica subita; confermando cos\u00ec una \u201ccondanna\u201d della donna, accusata sulla base della teoria ascientifica dell\u2019alienazione parentale<\/strong> di voler sottrarre il figlio al padre, e una \u201cpunizione\u201d per il bambino allontanato traumaticamente con l\u2019uso della forza pubblica<\/strong>\u00a0dalla madre, dal suo contesto abituale di vita e dai suoi punti di riferimento.<\/li>\n<\/ul>\nNello specifico la task force ravvisa nell\u2019ordinanza Cassazione civile, Sez. I, Ord., (data ud. 05\/07\/2022) 06\/09\/2022, n. 26279 le seguenti criticit\u00e0:<\/strong><\/p>\n <\/em>Negazione del maltrattamento sulla donna e della violenza assistita sul minore<\/u><\/strong><\/p>\n La Cassazione non ha tenuto conto e ha mostrato indifferenza verso i decreti di rinvio a giudizio a carico del padre in sede penale mostrandosi invece a favore della Corte d\u2019appello che si \u00e8 basata sul giudizio dei servizi sociali che hanno sostenuto che il rapporto fosse conflittuale, e che si trattava \u201csolo\u201d di aggressivit\u00e0 verbale reciproca e non di violenza<\/strong>: un giudizio basato sulle \u201cvoci\u201d riportate dai vicini trascurando quindi quanto si stava svolgendo in sede penale in cui si era parlato di reati. Come riportato dall\u2019ordinanza di Cassazione:<\/p>\n \u201cN\u00e9 \u00e8 stato omesso l\u2019esame dei due decreti di rinvio a giudizio del padre, piuttosto i fatti su cui gli stessi sono stati emessi sono stati dalla Corte d\u2019appello motivatamente ritenuti irrilevanti ai fini della prospettata vittimizzazione del minore<\/strong> nell’ambito del ricostruito contesto familiare improntato ad aggressivit\u00e0 verbale reciproca all’interno della coppia, come emergente dalla relazione dei Servizi sociali e dalle dichiarazioni dei vicini di casa\u201d.<\/p>\nQuindi la Cassazione spiega come pur essendo stati esaminati i rinvii a giudizio, siano stati considerati dalla Corte d\u2019appello irrilevanti rispetto al minore e all\u2019ipotesi di maltrattamento assistito, perch\u00e9 a suo parere non era violenza ma solo conflitto di coppia a pari demerito<\/p><\/blockquote>\n
<\/em>La bigenitorialit\u00e0 anteposta all\u2019interesse del minore<\/u><\/strong><\/p>\n La Cassazione ha poi i avallato un principio fittizio di supremazia del diritto alla bigenitorialit\u00e0 su altri diritti anche in presenza di violenza e maltrattamenti sulla madre, affermando che il comportamento della madre (ostacolo al rapporto padre-figlio) sia di grave pregiudizio per il figlio, negando totalmente valore della violenza assistita sul minore:<\/strong> \u201cIn tale prospettiva ermeneutica la Corte d’appello ha ritenuto che le gravi criticit\u00e0 riscontrate nei comportamenti della reclamante verso il figlio determinino, come ritenuto dal Tribunale, un pregiudizio al diritto alla bigenitorialit\u00e0 del minore e al processo di maturazione e raggiungimento della sua necessaria autonomia\u201d.<\/p>\n <\/em>Giudizio di alienazione nei riguardi della madre mascherata da \u201crapporto simbiotico\u201d<\/u><\/strong><\/p>\nInoltre la Cassazione rigetta il ricorso della signora contro il giudizio di alienazione parentale, basato su una teoria mai dimostrata<\/strong> e rigettata pi\u00f9 volte dalla stessa Cassazione, dando piena validit\u00e0 alla relazione di CTU e a quella dei servizi sociali. In esse centrale diviene la condotta manipolatoria materna finalizzata a una presunta simbiosi con il figlio.<\/p>\nTale condotta costituisce sempre l\u2019asse portante del costrutto dell\u2019alienazione, per cui parlare di manipolazione significa riferirsi sempre all\u2019alienazione parentale<\/p><\/blockquote>\n
La Cassazione riporta il primo motivo di ricorso della donna, scrivendo<\/strong>: \u201cSi censura il provvedimento impugnato per aver stigmatizzato la condotta dell’odierna ricorrente, con motivazione intrisa di pregiudizi e priva di riscontri oggettivi, in assenza di elementi probatori o di valutazioni sulla capacit\u00e0 genitoriale quali audizione di testi ed esperimento di CTU. Ad avviso della ricorrente, la Corte d’appello sarebbe incorsa nella dedotta violazione di legge l\u00e0 dove ha ignorato l’esistenza di precedenti di questa Corte contrari all’applicazione della teoria dell’alienazione parentale<\/strong> (a sostegno della tesi, cita Cass. 7041\/2013, Cass. 6919\/2016, Cass. 28244\/2019)\u201d.<\/p>\n La Cassazione argomenta sul primo motivo del ricorso: \u201cLa Corte territoriale, sostiene la ricorrente, avrebbe stigmatizzato la sua condotta senza alcun fondamento probatorio, ignorando totalmente le violenze su di lei esercitate dall’ex compagno,<\/strong> le quali per definizione escluderebbero che si possa parlare di alienazione genitoriale. Tutto ci\u00f2, sulla base di una motivazione apparente, in quanto meramente riproducente le ragioni sottese al provvedimento reclamato\u201d.<\/p>\n Mentre invece, continua la Cassazione: \u201cLe censure in esame, invece, non attengono la ratio decidendi sottesa alla decisione impugnata: la Corte territoriale decidendo nel solco della giurisprudenza di legittimit\u00e0 che ha escluso la preminenza della valutazione del disturbo del minore da alienazione genitoriale ai fini della valutazione e decisione sulla responsabilit\u00e0 genitoriale, ha, tuttavia, ritenuto che la condotta manipolatoria della madre (tratta dalla relazione della CTU, ndr<\/em>), rilevi non tanto ai fini dell\u2019alienazione parentale, bens\u00ec in quanto fonte di un rapporto simbiotico con il figlio,<\/strong> tale da privare il minore della sua autonomia, producendo una regressione nel percorso di crescita sia a livello sociale che degli apprendimenti scolastici (come accertato attraverso l’indagine svolta con gli insegnanti) oltre che gravemente ostacolante l’esercizio del diritto alla bigenitorialit\u00e0\u201d.<\/p>\n <\/em>Simbiosi o manipolazione: il riferimento \u00e8 sempre la discussa teoria dell\u2019alienazione parentale<\/u><\/strong><\/p>\n Riguardo al citato \u201crapporto simbiotico\u201d la Cassazione sostiene la relazione dei consulenti e dei servizi sociali che avevano affermato quanto segue, ovvero: \u201cEra emerso come la mamma confondesse i propri bisogni emotivi con quelli del figlio. Cos\u00ec facendo, la madre aveva progressivamente manipolato il figlio, non solo al fine di alienare la figura paterna dalla vita del bambino, ma pi\u00f9 in generale per vincolarlo a s\u00e9 in un rapporto simbiotico<\/strong>, impedendo lo sviluppo della sua identit\u00e0 autonoma e libera di riconoscere ed esprimere i propri bisogni emotivi, anche quando diversi da quelli della madre.<\/p>\n Questa relazione simbiotica aveva causato una sempre pi\u00f9 ridotta autonomia mentale del minore, con conseguenti comportamenti regressivi notati anche dagli insegnanti del bambino e riferiti nell’approfondimento disposto a seguito di incarico con cui era stata richiesta una valutazione psicologica del minore\u201d. La Cassazione ripete ancor il tema dell\u2019alienazione sotto forma di una finalit\u00e0 simbiotica da parte della madre manipolatrice<\/strong>, avallando anche la relazione integrativa di CTU:<\/p>\n \u201cNella relazione integrativa sulla capacit\u00e0 genitoriale veniva confermato l’atteggiamento manipolativo della madre nei confronti del figlio e finalizzato non solo ad alienare completamente la figura paterna,<\/strong> sempre raffigurata in termini negativi, dalla vita del bambino, ma in particolare a creare un rapporto simbiotico con il minore impedendogli lo sviluppo di una sua identit\u00e0 autonoma e libera di riconoscere ed esprimere i bisogni emotivi anche quando diversi da quelli della madre\u201d. La Cassazione ha ritenuto quindi infondate le richieste della madre perch\u00e9 le consulenze non parlano solo di alienazione, quale disturbo del minore, ma di manipolazione materna finalizzata al rapporto simbiotico che poi a cascata determinerebbe l\u2019alienazione ovvero l\u2019ostacolo alla bigenitorialit\u00e0.<\/strong><\/p>\n\u00e8 solo di un cambiamento dell\u2019ordine dei fattori ma il risultato non cambia: \u00e8 un giudizio di alienazione parentale per la madre a partire dal rapporto simbiotico con il figlio minore<\/p><\/blockquote>\n
Ed \u00e8 per questo che la ricorrente chiama \u201cstigma\u201d l\u2019accusa di essere alienante in quanto basato su una teoria ascientifica e applicata soprattutto in maniera strumentale nei casi di violenza,<\/strong> dove invece la madre cerca di tenere il figlio al riparo dalla violenza diretta o assistita che proviene dal padre: agendo quindi non per un pregiudizio verso il padre ma per paura degli esiti che il comportamento violento del padre pu\u00f2 avere sul figlio. Dando poi credito alla manipolazione materna, direttamente transitata dalla CTU all\u2019Ordinanza senza alcuna censura, la credibilit\u00e0 giuridica della Cassazione affonda nelle sabbie mobili della indimostrabilit\u00e0 di tale comportamento<\/strong>, come indicato dalla sentenza della Corte costituzionale 96\/81.<\/p>\n <\/em>L\u2019allontanamento traumatico del bambino dalla madre e il collocamento in struttura<\/u><\/strong><\/p>\n La Cassazione infine rigetta il motivo della ricorrente in cui lamenta la mancata valutazione comparativa degli effetti sul minore del collocamento in una struttura e appare sorda a questo richiamo (oggetto invece di accoglimento da parte di altre ordinanze di cassazione come la n. 9691\/22), mostrandosi quindi orientata a mettere il bambino in struttura al fine di fargli \u201critrovare un equilibrio\u201d lontano dal presunto conflitto<\/strong> e al fine di garantire all\u2019altro genitore l\u2019opportunit\u00e0 di ritrovare una relazione pi\u00f9 funzionale con il figlio.<\/p>\nIn questo obiettivo ultimo si evidenzia come il diritto di un genitore (a incontrare un figlio) sia stato anteposto al superiore interesse del minore (a non subire traumi certi e attuali), e come alla fine il reale interesse del minore non sia stato in alcun modo valutato<\/p><\/blockquote>\n
Si sottolinea la mancanza di senso comune, oltre che di senso scientifico, nell\u2019affermazione che un bambino di circa 6 anni possa giovarsi dell\u2019allontanamento dal suo habitat naturale, dal rapporto privilegiato con la madre con cui ha vissuto fino a quel momento, dalla sua casa, dalle sue cose, dalle sue abitudini, valutando che queste perdite, cos\u00ec incisive e destrutturanti, possano essere compensate da un residuale beneficio di essere allontanato da un presunto conflitto<\/strong> e riavvicinato al padre (Cfr. U.S Kaiden\u2019s law<\/a>: The reauthorization of the Violence Against Women Act, TITLE XV\u2014Keeping Children Safe from Family Violence, Mars 2022)<\/p>\n Nell\u2019Ordinanza quindi si legge che: \u201cCon il quinto motivo si lamenta l’erroneit\u00e0 del provvedimento impugnato per aver omesso di valutare comparativamente gli effetti sul minore del disposto collocamento in struttura etero familiare rispetto al beneficio atteso, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5\u201d. Afferma quindi la Cassazione che la censura \u00e8 inammissibile: \u201cLa Corte d’appello ha ritenuto, con motivato apprezzamento insindacabile in questa sede che il minore ha la necessit\u00e0 di vivere un periodo, seppure limitato, della sua esistenza di bambino al di fuori delle dinamiche del conflitto genitoriale e al di fuori di una qualsiasi strumentalizzazione in detto conflitto.<\/strong> In tale ambito il predetto ha diritto di riacquisire una sua tranquillit\u00e0 al fine di poter sviluppare sue capacit\u00e0 critiche nella relazione con entrambi i genitori, fuori anche dal clamore mediatico che sulla sua personale vicenda \u00e8 stato creato. Dal canto suo il padre, avendo espresso la sua disponibilit\u00e0 al percorso di sostegno alla genitorialit\u00e0, in tale ambito potr\u00e0 avere l’opportunit\u00e0 di ritrovare una relazione pi\u00f9 funzionale con il figlio\u201d.<\/p>\nDietro questa motivazione, apparentemente ragionevole e dai toni moderati, si nasconde la prassi violenta e traumatica a cui un bambino di sei anni viene sottoposto, senza farne espressa menzione<\/p><\/blockquote>\n
Si parla cio\u00e8 del trasferimento in struttura come misura che restituirebbe al bambino tranquillit\u00e0, al riparo del conflitto, e non al contrario di una ferita traumatica insuperabile,<\/strong> dal momento che ci\u00f2 avviene con la perdita di una relazione fondamentale, quella con la madre e con tutto il contesto di vita in cui fino a quel momento il minore era inserito e accudito.<\/p>\n <\/em>Prescrizione impropria di trattamenti sanitari<\/u><\/strong><\/p>\n Infine in contrasto con l\u2019art. 32 della Costituzione e con altre sentenze di Cassazione (v. Cassazione civile n. 13506\/2015 e n. 18222\/19) tale ordinanza dispone pi\u00f9 trattamenti sanitari invadendo un campo che ha una sua autonomia di strumenti, metodi, finalit\u00e0,<\/strong> decidendo quando segue: \u201cIncarico al Servizio di Riabilitazione Et\u00e0 Evolutiva di Bastia Umbria di attuare un percorso di supporto psicologico in favore del minore e della sua relazione con il padre\u201d e \u201c Incarico al Dipartimento di salute mentale territorialmente competente di mettere a disposizione della madre un percorso di sostegno psicologico\u201d. L\u2019Ordinanza predispone trattamenti sanitari che anche se solo consigliati hanno in realt\u00e0 un valore coercitivo di contro alla libera scelta delle persone in tema di salute garantita dall\u2019art. 32 della Costituzione,<\/strong>\u00a0perch\u00e9 provengono dall\u2019autorit\u00e0 giudiziaria, per altro incompetente a decidere sulle necessit\u00e0 di salute dei cittadini.<\/p>\n E questo anche se dalla sentenza di Cassazione Sez. I, 01\/07\/2015, n. 13506,<\/strong> si evince che: “La prescrizione ai genitori di sottoporsi a un percorso psicoterapeutico individuale e a un percorso di sostegno alla genitorialit\u00e0 da seguire insieme, \u00e8 lesiva del diritto alla libert\u00e0 personale costituzionalmente garantito <\/strong>e alla disposizione che vieta l’imposizione, se non nei casi previsti dalla legge, di trattamenti sanitari. Tale prescrizione, pur volendo ritenere che non imponga un vero obbligo a carico delle parti, comunque le condiziona ad effettuare un percorso psicoterapeutico individuale e di coppia confliggendo cos\u00ec con l’art. 32 Cost.”<\/p>\n Per cui un trattamento psico-terapeutico che fa parte del contesto sanitario non pu\u00f2 essere mai disposto ma solo consigliato dagli organismi sanitari preposti, dal medico di base fino agli specialisti del servizio sanitario<\/strong>, i quali dopo una valutazione diagnostica appropriata e autonoma dal potere giudiziario, indicano la terapia appropriata, secondo quelle che sono le procedure scientifiche codificate da un PDTA (Percorso diagnostico terapeutico assistenziale).<\/p>\n__________________<\/p>\n
* L\u2019ordinanza della Cassazione \u00e8 pubblica e in questa sede \u00e8 stata depurata dei dati sensibili nel rispetto della privacy della persona di minore et\u00e0 coinvolta.<\/p>\n
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La task force #STOPVIOLENZA \u00e8 una rete della societ\u00e0 civile con lo scopo di monitorare l\u2019operato dei tribunali e del governo per il contrasto reale alla violenza maschile sulle donne, alla violenza subita e\/o assistita su persone di minore et\u00e0 e alla vittimizzazione secondaria di tali soggetti nei Tribunali, sulla base della piena applicazione della […]<\/p>\n","protected":false},"author":131,"featured_media":23576,"comment_status":"closed","ping_status":"closed","sticky":false,"template":"","format":"standard","meta":{"footnotes":""},"categories":[2],"tags":[],"yoast_head":"\n
#STOPVIOLENZA Cassazione, una madre denuncia maltrattamenti e viene punita perch\u00e9 "simbiotica": cosa dice la sentenza - DonnexDiritti<\/title>\n \n \n \n \n \n \n \n \n \n \n \n\t \n\t \n\t \n \n \n \n\t \n\t \n\t \n