{"id":22231,"date":"2022-06-24T15:29:30","date_gmt":"2022-06-24T13:29:30","guid":{"rendered":"https:\/\/donnexdiritti.com\/?p=22231"},"modified":"2022-06-28T21:45:25","modified_gmt":"2022-06-28T19:45:25","slug":"la-guerra-porta-solo-devastazione-la-siria-che-abbiamo-dimenticato","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/donnexdiritti.com\/2022\/06\/24\/la-guerra-porta-solo-devastazione-la-siria-che-abbiamo-dimenticato\/","title":{"rendered":"La guerra porta solo devastazione: la Siria che abbiamo dimenticato"},"content":{"rendered":"
Ho lavorato in Siria per 40 anni, dal 1971 al 2011, come archeologa, nella Missione della Sapienza a Ebla, creata e diretta da Paolo Matthiae. In quei 40 anni ho visto il Paese crescere e svilupparsi, non solo nelle grandi citt\u00e0.<\/strong> La nostra missione viveva in un piccolo villaggio \u2013 Mardikh \u2013 a poca distanza dal sito archeologico, villaggio che nel 2010 era arrivato contare circa 15.000 abitanti.<\/p>\n A Mardikh nel 1971 cominciavano ad apparire, tra le caratteristiche case a cupola di mattoni di argilla cruda<\/strong>, le prime case in mattoni di cemento ma non c\u2019era l\u2019elettricit\u00e0 e l\u2019acqua si prendeva da un pozzo. Nel 2011, sempre a Mardikh tutte le case erano ormai costruzioni relativamente moderne di cemento<\/strong>, con elettricit\u00e0 e acqua corrente e quasi tutti avevano l\u2019immancabile televisore, spesso con parabola satellitare, lavatrice e altri elettrodomestici che molto facilitavano la faticosa vita delle donne, tutte casalinghe ma anche impegnate nei lavori agricoli quando era necessario. Cosa pi\u00f9 importante: i bambini affetti da glaucoma perch\u00e9 giocavano per strada in condizioni igieniche precarie, che avevo visto nei primi anni, erano completamente spariti.<\/strong> Erano state costruite le scuole, per cui bambine e bambini potevano seguire tutto il ciclo fino ai 13 anni di et\u00e0 nel Paese e ci si era organizzati con un servizio di pullman per mandare anche le ragazze al liceo della citt\u00e0 pi\u00f9 vicina, a Saraqeb<\/strong>, dove era anche stato allestito un piccolo ma efficiente ospedale\/pronto soccorso, del quale anche noi abbiamo usufruito nel caso di piccoli incidenti sul lavoro.<\/p>\n Gravi problemi certamente affliggevano la Siria nel suo complesso e noi tutti ne eravamo ben coscienti, anche se, nella piccola realt\u00e0 agricola di Mardikh, apparivano pi\u00f9 lontani, pi\u00f9 sfumati<\/p><\/blockquote>\n Per\u00f2 negli ultimi anni qualcosa stava cambiando, anche nella nostra percezione di stranieri certamente privilegiati e che, soprattutto, vivevano quella realt\u00e0 per pochi mesi all\u2019anno, finalizzati al compimento del nostro lavoro archeologico. Da un lato, i giovani avevano un accesso relativamente facile alla scolarizzazione, fino agli studi universitari, grazie all\u2019organizzazione del sistema scolastico siriano<\/strong>, e quasi tutti i ragazzi del villaggio (soprattutto maschi in questo caso) studiavano all\u2019universit\u00e0 di Aleppo<\/strong>. Dall\u2019altro lato, per\u00f2, diventava sempre pi\u00f9 difficile accedere a posti di lavoro adeguati alla preparazione ricevuta. La Siria, che ambiva a diventare partner europeo, si apriva almeno ad alcune liberalizzazioni nel sistema produttivo<\/strong>, cercando di adeguare la sua economia agli standard richiesti dall\u2019Europa.<\/p>\n E questo produceva sempre pi\u00f9 forti diseguaglianze sociali, con un progressivo impoverimento delle classi rurali<\/p><\/blockquote>\n Le citt\u00e0 diventavano sempre pi\u00f9 laiche, dall\u2019altro le campagne si rifugiavano sempre di pi\u00f9 in certe forme rigide di interpretazione della religione e questo soprattutto nella parte sunnita della popolazione e certamente con qualche \u201cispirazione\u201d da parte turca e saudita. Nella nostra piccola realt\u00e0 paesana, le donne, che tradizionalmente indossavano lunghi abiti colorati a fiori e un foulard colorato sul capo, ci sono apparse all\u2019improvviso tutte coperte in lunghi soprabiti neri,<\/strong> velate di nero con gli occhi soltanto visibili, qualcuna addirittura con i guanti neri, mentre alla piccola moschea degli inizi del \u2018900 si aggiungevano due moschee nuove, gestite da gruppi salafiti.<\/p>\n Cosa resta del mondo che io ho conosciuto, dopo 11 anni di guerra? Certamente macerie e sofferenza, ma anche barlumi di speranza. Il nostro gruppo di archeologi ha tenuto stretti contatti con i colleghi della Direzione Generale delle Antichit\u00e0 di Damasco durante tutto questo periodo: colleghi con i quali abbiamo collaborato proficuamente per decenni, tra i quali Khaled el-Asaad, trucidato a Palmira da ISIS\/DAESH<\/strong>, ma anche altri che hanno dato la vita per proteggere il loro patrimonio culturale, loro e di tutti noi e in quella Direzione sunniti, sciiti, alawiti, cristiani e atei hanno lavorato e lavorano fianco a fianco, per pochissimi dollari al mese, sotto la guida, fino a pochi mesi fa, del meraviglioso professor Maamoun Abdulkerim<\/strong>, ora tornato a insegnare all\u2019Universit\u00e0, per formare nuove leve di archeologi.<\/p>\n Nel 2016 sono tornata in Siria con un giovane collega della missione, Siamo stati insultati sulla stampa, definiti servi di Assad<\/p><\/blockquote>\n Io non ho profili social, ma il mio collega s\u00ec e l\u00ec il figlio del nostro antico padrone di casa di Mardikh, adesso sfollato a nord di Aleppo, manda messaggi affettuosissimi, ringraziandoci perch\u00e9 torniamo a occuparci del loro paese. Eravamo a Damasco quando le bande di ISIS\/DAESH hanno occupato Palmira per la seconda volta.<\/strong> Eravamo in un congresso con i colleghi siriani al Museo Nazionale. I colleghi sono scoppiati a piangere e abbracciandoci ci dicevano: \u201cGrazie di essere qui. Ci date coraggio. Ci fate sentire meno soli\u201d.<\/strong> Leyla, la curatrice delle antichit\u00e0 pre-classiche al Museo di Damasco: \u00e8 una giovane donna mussulmana, che indossa lo hijab e sta finendo il dottorato di ricerca all\u2019Universit\u00e0 di Damasco.<\/p>\n Era poco pi\u00f9 che adolescente 11 anni fa, ha quindi passato la sua prima giovinezza durante una guerra e non \u00e8 mai uscita da Damasco. <\/strong>Col mio pi\u00f9 giovane collega abbiamo recentemente curato un manuale sull\u2019archeologia della Siria e abbiamo pensato di regalarle una copia del volume. In Italiano. Il giorno dopo, mentre eravamo in viaggio per Aleppo, ho ricevuto questo messaggio WhatsApp da Leyla: \u201cAspetter\u00f2 con ansia il tuo ritorno\u201d. Cos\u00ec. In Italiano. Io queste persone non le abbandoner\u00f2 mai.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":" Ho lavorato in Siria per 40 anni, dal 1971 al 2011, come archeologa, nella Missione della Sapienza a Ebla, creata e diretta da Paolo Matthiae. In quei 40 anni ho visto il Paese crescere e svilupparsi, non solo nelle grandi citt\u00e0. La nostra missione viveva in un piccolo villaggio \u2013 Mardikh \u2013 a poca distanza […]<\/p>\n","protected":false},"author":86,"featured_media":22520,"comment_status":"closed","ping_status":"closed","sticky":false,"template":"","format":"standard","meta":{"footnotes":""},"categories":[6],"tags":[],"yoast_head":"\nCom’era la Siria\u00a0<\/strong><\/h4>\n
Qualcosa stava cambiando<\/strong><\/h4>\n
Cosa resta dopo 11 anni di guerra?<\/strong><\/h4>\n