{"id":21738,"date":"2022-02-07T10:58:16","date_gmt":"2022-02-07T09:58:16","guid":{"rendered":"https:\/\/donnexdiritti.com\/?p=21738"},"modified":"2022-02-09T11:19:05","modified_gmt":"2022-02-09T10:19:05","slug":"jenny-saville-il-corpo-femminile-e-la-sua-imperfezione-sublime-buttata-in-faccia-a-chi-la-guarda","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/donnexdiritti.com\/2022\/02\/07\/jenny-saville-il-corpo-femminile-e-la-sua-imperfezione-sublime-buttata-in-faccia-a-chi-la-guarda\/","title":{"rendered":"Jenny Saville: il corpo femminile e la sua imperfezione sublime buttata in faccia a chi la guarda"},"content":{"rendered":"

La Madonna con il bambino \u00e8 stata per secoli il soggetto preferito dei pittori occidentali, sia che fossero di eterea bellezza come quelle di Leonardo o Raffaello<\/strong>, che infatti sono diventate il canone rappresentativo di quel tipo di soggetto nei secoli a venire, oppure altere e austere come quelle dei pittori nordici:<\/strong> la Madonna rappresenta un\u2019ideale irraggiungibile di perfetta e appagata maternit\u00e0.<\/p>\n

La maternit\u00e0<\/strong><\/h4>\n
\"\"
Jenny Saville, The Mothers<\/figcaption><\/figure>\n

Come modello sociale simbolico, certamente figlio di una cultura patriarcale e sessista, la maternit\u00e0 in generale \u00e8 stata rappresentata come il punto apicale della vita di una donna. Gli artisti di ogni epoca hanno dipinto migliaia di donne composte che tengono fra le braccia i loro bambini circondate da quell\u2019alone di semi-santit\u00e0<\/strong> necessario per polarizzare la loro rappresentazione e quindi per elevarle a Madonne o, al contrario, come il lussurioso e carnale simbolo del peccato. Ci voleva un\u2019artista donna di straordinario talento pittorico come Jenny Saville<\/strong> per rivoluzionare questa obsoleta tradizione iconografica che con lei \u00e8 diventata, finalmente, realistica e viva che rimane in mostra a Firenze fino al 20 febbraio <\/strong>tra Palazzo Vecchio, museo Novecento, museo dell\u2019Opera del Duomo, museo degli Innocenti e museo di Casa Buonarroti. Un progetto espositivo ideato e curato da Sergio Risaliti, Direttore del Museo Novecento,<\/strong> in collaborazione con gli musei coinvolti.<\/p>\n

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Jenny Saville, Gestation<\/figcaption><\/figure>\n

Il mezzo usato \u00e8 quello antico della pittura che grazie alla sua perizia tecnica e alla sua libert\u00e0 espressiva \u00e8 non pi\u00f9 convenzionale e potentemente contemporanea. La grande tela dell\u2019opera “The Mother” del 2011 e gli studi preparatori (Pentiment I, II, III, IV, V) trascinano lo spettatore nel vortice di quel groviglio di sentimenti opposti che vanno dal dolore, alla gioia e che fanno parte dell\u2019esperienza della maternit\u00e0 e di cui si parla poco. <\/strong>La maternit\u00e0 \u00e8 il corpo stravolto nei suoi confini da nove mesi di gestazione, necessari per trasformare un feto in un essere umano:<\/p>\n

la pelle tesa allo spasimo, il seno gonfio, la mancanza di sonno, la sensazione di non appartenersi ma anche l\u2019appagamento dell\u2019irrazionale amore che si prova per la carne urlante della nostra carne<\/p><\/blockquote>\n

I bambini<\/strong><\/p>\n

\"\"<\/p>\n

I bambini nelle opere di Jenny Saville sono veri, si muovono, si divincolano dall\u2019abbraccio materno, si succhiano il dito e i loro corpi nudi sembrano fondersi sul corpo nudo e maestoso della madre,<\/strong> una grande madre con le sue forme generose, ritenute imperfette dall\u2019obbligo della perfezione. In questa poderosa pittura non ci pu\u00f2 essere l\u2019asetticit\u00e0 della levigatezza formale, non in questi corpi di carne e di sangue che premono contro altri corpi fatti della stessa materia<\/strong>, qui c\u2019\u00e8 la carne che avvolge altra carne, carne viva, carne rotonda e tridimensionalmente materica.<\/p>\n

\"\"
Jenny Saville<\/figcaption><\/figure>\n

In queste prodigiose maternit\u00e0 non c\u2019\u00e8 quell\u2019idea, falsa e pericolosa, della figura materna trionfale e retorica, queste maternit\u00e0 sono vere perch\u00e9 scaturiscono direttamente dalle viscere della vita e dalla materia della pittura<\/strong>, dall\u2019esperienza diretta delle cose, non c\u2019\u00e8 astratta filosofia ma c\u2019\u00e8 la vita che prepotentemente pulsa in ogni sua pennellata. Quello che mi ha sempre affascinato della pittura di Jenny Saville \u00e8 proprio questa sua pregnanza con la vita: \u00e8 come se ogni spatolata, ogni pennellata, ogni strato di colore sia pervaso da una scintilla di prorompente energia vitale<\/strong>. Le sue opere, tutte, dagli schizzi a grafite alle sue grandi tele sono un inno alla vita, proprio perch\u00e9 sono le imperfezioni della vita stessa che permeano di verit\u00e0 i suoi ritratti e i suoi corpi nudi rendendoli indimenticabili.<\/p>\n

Ode al corpo femminile imperfetto<\/strong><\/h4>\n
\"\"
Jenny Saville, Rupture<\/figcaption><\/figure>\n

La pittura di Jenny Saville \u00e8 un\u2019ode al corpo, al corpo femminile, un corpo con cui ancora le donne non hanno fatto pace, un corpo che non \u00e8 pi\u00f9 nascosto dalle gonne e dalle sottogonne dei secoli passati, un corpo che \u00e8 stato liberato dalla rivoluzione sessuale degli anni Sessanta ma che, in realt\u00e0, \u00e8 forse ancor pi\u00f9 prigioniero di prima di regole non scritte ma pervasive, crudeli e dolorose.<\/strong> La magrezza e la giovinezza sono il burka di noi donne occidentali, certamente emancipate, ma anche schiave consenzienti di un canone estetico irraggiungibile. Per secoli, fin dai tempi dei padri della chiesa, noi donne siamo state considerate la materia del mondo, siamo state corpo, perch\u00e9 solo il maschile aveva diritto di ospitare lo spirito.<\/strong><\/p>\n

\"\"<\/strong><\/p>\n

Noi donne siamo state raccontate e rappresentate come ctonie, curvilinee e dionisiache come ha sottolineato la sociologa femminista americana Camille Paglia<\/strong> nel suo controverso saggio “Sexual Personae”, e questa nostra fisicit\u00e0 diversa, che per secoli non \u00e8 stata la misura della perfezione apollinea, ancora ce la portiamo addosso come un fardello o come un\u2019onta e quando la indossiamo come un trofeo dobbiamo essere comunque caute<\/strong> perch\u00e9 c\u2019\u00e8 sempre il rischio di essere percepite come oggetti e quindi prede.<\/p>\n

Il rapporto di ogni donna con il proprio corpo \u00e8 uno slalom fra i divieti, fra il \u201cdevi\u201d, \u201cnon devi\u201d o \u201cdovresti\u201d o \u201cnon dovresti\u201c<\/p><\/blockquote>\n

\"\"
Jenny Saville, Plan<\/figcaption><\/figure>\n

Difficile orientarsi nella giungla delle diete, della cosmesi, delle scienze della nutrizione, della chirurgia estetica, delle palestre che promettono un corpo nuovo, tonico, scattante: il grasso fa schifo ma il body-shaming non \u00e8 political-correct e i disordini alimentari sono sempre pi\u00f9 frequenti e allarmanti, si pu\u00f2 essere anoressiche a dodici anni? La risposta \u00e8 si dato che l\u2019asticella della sessualizzazione delle minori \u00e8 sempre pi\u00f9 bassa e il corpo da pin up californiana della bambola Barbie ha permeato il nostro immaginario da quando eravamo piccole.<\/strong> Che rapporto possono avere oggi le ragazze con il loro corpo in un mondo sempre pi\u00f9 virtuale? Come si pu\u00f2 praticare l\u2019accettazione di un s\u00e9 reale se i filtri dei nostri cellulari e Photoshop permettono il raggiungimento di una perfezione estetica standardizzata? Viviamo in un mondo in cui i social media ci rimandano continuamente il diaframma luccicante di una realt\u00e0 distorta per poterci permettere la disarmante verit\u00e0 dell\u2019imperfezione.<\/p>\n

La levigatezza non scuote<\/strong><\/h4>\n

\"\"<\/p>\n

\u00c8 difficile accettare le proprie asperit\u00e0 o semplicemente la propria non conformit\u00e0 in un mondo che ha fatto della levigatezza il suo vessillo, levigatezza che, come scrive il filosofo tedesco Byung-Chul Han<\/strong> in “La salvezza del bello”, \u201c\u00e8 il segno distintivo del nostro tempo, ci\u00f2 che accomuna l\u2019iPhone e la depilazione brasiliana, la levigatezza che non ferisce, la levigatezza come l\u2019attributo della perfezione, la levigatezza che vuole solo piacere: la levigatezza non scuote mentre l\u2019opera d\u2019arte provoca un urto, scuote\u201d.<\/strong><\/p>\n

\"\"
Jenny Saville, Branded<\/figcaption><\/figure>\n

Ed \u00e8 proprio l\u2019urto, lo scuotimento che invece si prova davanti alle opere di Jenny Saville ci\u00f2 che ci consente di esperire un\u2019esperienza estetica profonda e totalizzante nonostante il nostro essere in parte anestetizzati<\/strong> dalla continua proliferazione di immagini levigate da consumare in fretta in una sorta di eterno presente. Che cos\u2019\u00e8 che ci fa percepire un corpo come bello, ma soprattutto che cosa \u00e8 bello. \u201cQualit\u00e0 come la delicatezza e l\u2019eleganza sono considerate belle. Il corpo \u00e8 elegante quando consiste di parti levigate che non mostrino ruvidezza o confusione\u201d (Byung-Chul Han<\/strong>).<\/p>\n

Il bello \u00e8 un piacere positivo, il bello \u00e8 dolce e liscio, il bello si esaurisce in un momento di puro piacere, come quando si mangia un bign\u00e8<\/p><\/blockquote>\n

Il bello e il sublime<\/strong><\/h4>\n
\"\"
Jenny Saville, Propped<\/figcaption><\/figure>\n

In pieno illuminismo il filosofo inglese Edmund Burke<\/strong> distingue fra bello e sublime, ponendo il sublime in una categoria estetica pi\u00f9 complessa e piena di sfumature. A differenza del bello, infatti, il sublime pu\u00f2 non suscitare alcun immediato sentimento di piacere, \u00e8 una vertigine estetica<\/strong> che si pone su quel crinale incerto fra meraviglia e terribilit\u00e0, come quando si osserva una tempesta. Questo sentimento, troppo impressionante e troppo grande per la nostra immaginazione, di cui gi\u00e0 parlava lo Pseudo-Longino nel suo “Peri Hypsous” (“Del sublime- \u03a0\u03b5\u03c1\u1f76 \u1f55\u03c8\u03bf\u03c5\u03c2”), un trattato di estetica databile agli inizi della seconda met\u00e0 del I secolo d.C., diventa centrale nel dibattito culturale settecentesco. Il Settecento \u00e8 il secolo del Sublime e di un\u2019estetica della sensibilit\u00e0 che sposta dall\u2019oggetto al soggetto il processo di fruizione di un\u2019opera.<\/strong> Termini come \u201cdelizioso orrore e gioia terribile\u201d o \u201cpiacevole orrore\u201d riferiti ai fenomeni naturali o ai grandi cicli pittorici dei maestri rinascimentali diventano i codici verbali con cui edificare l\u2019iconografia del Sublime.<\/p>\n

\"\"
Jenny Saville, Prism<\/figcaption><\/figure>\n

\u201cIl suo ingresso nella cultura coincide con il rovesciamento dei termini classicisti entro i quali era stato fino ad allora interpretato<\/strong>: non pi\u00f9 connesso al gran gusto <\/em>e al grande stile<\/em> dell\u2019ars dicendi <\/em>o pingendi, <\/em>esso pu\u00f2 rivelare i suoi effetti solo attraverso un\u2019intensificazione e una focalizzazione su ci\u00f2 che gi\u00e0 in Longino era adombrato, e cio\u00e8 l\u2019associarsi che nel suo raggio si verifica tra il terrore e ci\u00f2 che restava del Bello\u201d (Massimo Carboni, “Il Sublime \u00e8 ora. Saggio sulle estetiche contemporanee”, Castelvecchi Editore, Roma ottobre 1993).<\/p>\n

Le opere di Jenny Saville rientrano a pieno titolo nella categoria del \u201csublime\u201d perch\u00e9 ci conducono su quel crinale sdrucciolevole<\/p><\/blockquote>\n

\"\"
Jenny Saville, Aleppo<\/figcaption><\/figure>\n

in cui \u00e8 lecito affermare, come scriveva il poeta austriaco Rainer Maria Rilke, che \u201cil bello non \u00e8 che il terribile al suo inizio\u201d. I suoi corpi monumentali e i suoi volti pieni di pathos sono frutto di una sofisticata filiazione diretta con la grande pittura dei geni rinascimentali<\/strong> ma filtrata attraverso lo studio delle complesse composizioni di Delacroix<\/strong>, della pittura scarnificata e mossa di Francis Bacon<\/strong>, dei grandi nudi distesi del Picasso degli anni Venti<\/strong> e delle sculture monumentali di Henry Moore<\/strong>.<\/p>\n

\"\"Sono corpi reali in cui c\u2019\u00e8 piacere e sofferenza, e che rientrano in un fare arte slegata dalla cultura della compiacenza<\/strong>, perch\u00e9 quella di Jenny Saville \u00e8 un\u2019arte che ancora non \u00e8 stata costretta ad entrare a forza nel corsetto del mi piace<\/em>, \u00e8 un\u2019arte che pu\u00f2 anche non fare star bene ma \u201cl\u2019arte che fa star bene \u00e8 una contraddizione in termini. L\u2019Arte deve sconcertare, disturbare, inquietare, anche saper fare male, non deve essere compiacente,<\/strong> la compiacenza perpetua l\u2019uguale, il dolore \u00e8 invece lo strappo attraverso il quale fa breccia il completamente Altro\u201d (Byung-Chul Han, “La societ\u00e0 senza dolore. Perch\u00e9 abbiamo bandito la sofferenza dalle nostre vite”, Ed. Einaudi Stile Libero extra).<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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