{"id":20747,"date":"2021-10-19T06:05:12","date_gmt":"2021-10-19T04:05:12","guid":{"rendered":"https:\/\/donnexdiritti.com\/?p=20747"},"modified":"2021-10-19T06:18:26","modified_gmt":"2021-10-19T04:18:26","slug":"sfatiamo-un-mito-perche-la-dea-madre-e-stata-sopravvalutata","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/donnexdiritti.com\/2021\/10\/19\/sfatiamo-un-mito-perche-la-dea-madre-e-stata-sopravvalutata\/","title":{"rendered":"Sfatiamo un mito: perch\u00e9 la dea madre \u00e8 stata sopravvalutata"},"content":{"rendered":"

Le istanze dei movimenti femministi hanno avuto un forte impatto negli studi di storia antica, anche se non sempre con esiti del tutto positivi. Nella prima ondata di studi di genere, da collocare in termini generali tra 1960 e 1970<\/strong>, si \u00e8 sviluppata la tendenza a cercare di portare le donne in primo piano e di \u201cscriverle nella storia\u201d.<\/p>\n

Gli studi femministi<\/strong><\/h4>\n
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Figurina da C\u0327atal Hu\u0308yu\u0308k, Turchia<\/figcaption><\/figure>\n

Questi studi possono essere definiti \u201cfemministi\u201d e si sono accompagnati alle prime rivendicazioni anche per il riconoscimento dei ruoli delle studiose nei centri di ricerca. La seconda ondata, sempre in termini generali nel decennio successivo tra 1970 e 1980<\/strong>, ha puntato l\u2019attenzione sulle origini del patriarcato, con l\u2019idea che, comprendendone le origini esso potesse essere abbattuto.<\/strong> Infine, la terza ondata, dal 1980 a oggi, collegata con il post-modernismo e dunque etichettata come post-femminismo<\/strong>, usa approcci non positivisti e aperti alla pluralit\u00e0 delle interpretazioni. Non parliamo pi\u00f9 quindi di studi femministi, ma piuttosto di studi di genere,<\/strong> per cui nascono anche studi \u201cmaschilisti\u201d e \u201cqueer\u201d, e si afferma il concetto che non esista un \u201ccorpo naturale\u201d, ma che anche il corpo sia il risultato di una \u201cnarrazione\u201d.<\/p>\n

Oggi facciamo pi\u00f9 attenzione alla complessit\u00e0 e, come ha detto un\u2019importante studiosa americana di origine iraqena, Zeinab Bahrani, non desideriamo tanto \u201ctrovare la donna nella storia, quanto capire cosa significhi donna nella storia\u201d<\/p><\/blockquote>\n

Il mito della dea madre<\/strong><\/h4>\n
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Figurina da C\u0327atal Hu\u0308yu\u0308k<\/figcaption><\/figure>\n

In questo quadro di approcci allo studio \u201cgenderizzato\u201d del passato spicca un mito che ha affascinato generazioni di studiosi e anche di studiose con motivazioni diverse, ma con una base culturale comune: il mito della Grande Dea o della Dea Madre.<\/strong> Il mito della Dea Madre viene proposto per la prima volta da Johann Jacob Bachofen (1815-1887)<\/strong>, uno studioso svizzero che nel 1861 per la prima volta parl\u00f2 di maternit\u00e0 come fonte della societ\u00e0 umana e dell\u2019esistenza di una sorta di matriarcato delle origini, una fase da lui definita \u201clunare\u201d, basata sull\u2019agricoltura e pacifica, dominata da una dea del tipo di Demetra, poi soppiantata dalla fase \u201csolare\u201d del patriarcato, pi\u00f9 violenta e bellicosa<\/strong>. L\u2019idea di fondo era che l\u2019uomo primitivo potesse riconoscere la maternit\u00e0, origine di ogni cosa, conferendo quindi grande potere al femminile, e non fosse per\u00f2 in grado di identificare i meccanismi della paternit\u00e0.<\/p>\n

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Figurina palestinese<\/figcaption><\/figure>\n

Questa idea venne contestata e ripresa pi\u00f9 volte, fino a quando, tra il 1974 e il 1991, una studiosa lituana, Marija Gimbutas (1921-1994)<\/strong> non pubblic\u00f2 tre volumi: \u201cLe dee e gli dei dell\u2019antica Europa\u201d (1974, tradotto nel 2016), \u201cIl linguaggio della dea\u201d (1989, tradotto nel 2008) e \u201cLa civilt\u00e0 della dea\u201d (1991, tradotto nel 2011). Libri in cui, attraverso la raccolta apparentemente oggettiva e minuziosa di reperti archeologici quasi da tutto il mondo, confermava la teoria di una sorta di et\u00e0 dell\u2019oro delle donne, governata da una Grande Dea Madre e distrutta dalla violenta avanzata delle culture maschiliste e bellicose indo-europee. <\/strong>Ma Gimbutas e la sua famiglia lasciarono la Lituania nel 1944 di fronte all\u2019avanzata sovietica, rifugiandosi nella Germania nazista, dove rimasero fino al 1950, emigrando poi negli Stati Uniti: vicende possono avere influito sulle interpretazioni della studiosa.<\/p>\n

La figura femminile sessuata<\/strong><\/h4>\n

In realt\u00e0 l\u2019evidenza archeologica \u00e8 costituita soprattutto da figurine femminili in argilla o in pietra, che non rappresentano divinit\u00e0 e che nulla hanno a che fare con la maternit\u00e0. Le famose figurine arcaiche di \u00c7atal H\u00f6y\u00fck in Turchia<\/strong> che rappresentano donne con seni, glutei e pancia molto enfatizzati, non sono immagini materne.<\/p>\n

rappresentano donne mature che per l\u2019et\u00e0 e il fisico imponente devono essere interpretate come donne dotate di un potere non legato alle funzioni riproduttive<\/p><\/blockquote>\n

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Ishtar\/Astarte<\/figcaption><\/figure>\n

Nel mondo mesopotamico, gi\u00e0 nel III millennio a.C. la fertilit\u00e0 umana era chiaramente legata alla \u201cpotenza\u201d virile, pi\u00f9 che alla ricettivit\u00e0 femminile e semmai compito della donna era sollecitare quella potenza<\/strong>, e se nella letteratura questo aspetto \u00e8 molto evidente, spesso si parla di piacere sessuale. Le dee vicino-orientali del tipo di Ishtar\/Astarte sono spesso definite dee dell\u2019amore e quindi, nella mentalit\u00e0 degli studiosi spesso maschi e protestanti, della riproduzione, anche se in realt\u00e0 sono figure complesse,<\/strong> talora con aspetti anche virili, mai connesse con la riproduzione. Infine, non \u00e8 da sottovalutare il fatto che le bellicose trib\u00f9 indoeuropee maschiliste, identificate soprattutto dalle caratteristiche sepolture a tumulo dette \u201ckurgani\u201d, comprendevano anche le donne che venivano sepolte come gli uomini e con lo stesso tipo di corredi funerari, che comprendevano armi, cavalli e carri, elementi di armatura.<\/strong><\/p>\n

L’immaginario maschile legato alla riproduzione femminile<\/strong><\/h4>\n
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Figurina mesopotamica<\/figcaption><\/figure>\n

Anche se occorrerebbe una maggiore investigazione, possiamo per\u00f2 gi\u00e0 definire il mito della Grande Dea Madre legato a un immaginario che indubbiamente piace moltissimo a un certo mondo maschile perch\u00e9 riduce la donna a funzioni riproduttive con la perdita di individualit\u00e0, complessit\u00e0<\/strong> e per questo pi\u00f9 rassicurante. Mito accolto nel mondo neo-pagano e anche da studiose con l\u2019idea che la Madre rappresenti un potere squisitamente femminile, legato anche al concetto di Gaia, la Terra Madre di tutti. In realt\u00e0 in un approccio storico alla ricostruzione dei ruoli delle donne nel passato, ci riporta su un piano di maggiore realt\u00e0 con lo studio delle attivit\u00e0 femminili <\/strong>e dei modi in cui si sono costruiti culturalmente il genere e i linguaggi del corpo e di come, su queste basi, sia stata organizzata la societ\u00e0.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

Le istanze dei movimenti femministi hanno avuto un forte impatto negli studi di storia antica, anche se non sempre con esiti del tutto positivi. 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