{"id":18447,"date":"2021-05-04T06:42:21","date_gmt":"2021-05-04T04:42:21","guid":{"rendered":"https:\/\/donnexdiritti.com\/?p=18447"},"modified":"2021-08-16T22:58:38","modified_gmt":"2021-08-16T20:58:38","slug":"caso-grillo-silvia-noi-ti-crediamo","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/donnexdiritti.com\/2021\/05\/04\/caso-grillo-silvia-noi-ti-crediamo\/","title":{"rendered":"Caso Grillo: Silvia noi ti crediamo"},"content":{"rendered":"

Ieri sulla \u201cVerit\u00e0\u201d<\/strong> \u00e8 apparsa, sul caso Grillo<\/strong><\/a>, una nuova e pi\u00f9 particolareggiata deposizione di Silvia<\/strong> (nome fittizio) che a differenza dell\u2019articolo di Nuzzi<\/a>, che sulla Stampa di 10 giorni fa ricostruiva la vicenda<\/a>, scende in particolari agghiaccianti e terribili, e rivittimizzando la ragazza con particolari drudi e morbosi che nulla hanno a che fare con il giornalismo. Indagini che si sono concluse con nuovi capi di imputazione tra cui l’abuso verso l’amica Roberta mentre dormiva sul divano.<\/p>\n

\"\"S\u00ec, perch\u00e9 pi\u00f9 si va avanti e pi\u00f9 si scava, si gratta il fondo, facendo rivivere a lei quello che ha gi\u00e0 descritto ai magistrati. Per questo, e per non costringere tutte le ragazze a sottoporsi a nuove sofferenze, DonnexDiritti lancia oggi la campagna #silviaioticredo contro la vittimizzazione secondaria<\/strong> a sostegno di tutte le donne che denunciano una violenza maschile,<\/strong> e che di solito faticano non poco a essere credute e a non essere considerate responsabili di quello che hanno subito (se vuoi aderire alla campagna condividi il video qua sotto e mandaci il tuo video in cui dici: “Silvia io ti credo” a network@donnexdiritti.com<\/strong>).<\/p>\n

\nhttps:\/\/donnexdiritti.com\/wp-content\/uploads\/2021\/05\/WhatsApp-Video-2021-05-04-at-02.50.03.mp4<\/a><\/video><\/div>\n

Ma se sono cos\u00ec poche, dove stanno tutte queste false denunce?<\/strong><\/h4>\n

\"\"Una presa di posizione che ci sembra necessaria perch\u00e9 spesso viene chiesto il perch\u00e9 le donne non denuncino una violenza maschile, perch\u00e9 rimangono in silenzio, perch\u00e9 si sottraggono e si nascondono. L\u2019Istat ci dice che in Italia solo il 7% delle donne denunciano la violenza<\/strong> subita. Mentre l’European Union Agency for Fundamental Rights<\/strong> ci ha fatto sapere che in Europa non solo il 70% delle donne non denuncia <\/strong>ma che l\u2019Italia \u00e8 il Paese in cui il sommerso \u00e8 pi\u00f9 ampio. A spingere le donne al silenzio non \u00e8 n\u00e9 la vergogna n\u00e9 il pudore, ma la paura di non essere credute e di essere rivittimizzate anche pubblicamente<\/strong>: in caserma, nelle aule di tribunale, sui giornali, in televisione.<\/p>\n

Interrogatori sfiancanti che insinuano costantemente il dubbio sulla credibilit\u00e0, con richieste di dettagli superflui, indagini sulla vita passata, e domande tipo: perch\u00e9 non ha gridato? perch\u00e9 non ha chiuso le gambe? cosa indossava quella sera?<\/p><\/blockquote>\n

\"\"
Paola Di Nicola<\/figcaption><\/figure>\n

Come dice la giudice Paola Di Nicola:<\/strong> \u201cGli stereotipi sulle donne sono i pi\u00f9 diffusi perch\u00e9 inchiodati nella memoria millenaria. Sono quelli per cui le donne mentono o esagerano, denunciano un innocente per averne vantaggi, vanno a caccia di notoriet\u00e0,<\/strong> se la sono cercata e quindi responsabili di ci\u00f2 che hanno patito, oppure traggono sempre qualche beneficio dall\u2019essere oggetto di attenzioni sessuali\u201d. Stupri che vengono attenuati nel racconto come se fossero reati meno gravi, perch\u00e9 legati al fattore culturale mai morto, che una violenza sessuale non si pu\u00f2 dimostrare: la mia parola contro la tua. Un racconto porno-soft che indugia su elementi legati a un immaginario maschile perverso che non guarda all\u2019et\u00e0 della donna ma che anzi specula su questo fattore<\/strong>, specialmente se minorenne, e che si pu\u00f2 consumare anche quando la ragazza \u00e8 morta. Come nel caso di Desir\u00e8e Mariottini<\/a>,<\/strong> la giovane di 16 anni stuprata e uccisa a San Lorenzo a Roma, dipinta su molti giornali e salotti televisivi, come una drogata che si prostituiva per procurarsi una dose<\/strong>, quando invece non aveva mai avuto rapporti prima dello stupro.<\/p>\n

Vittimizzazione secondaria<\/strong><\/h4>\n

Sbattute in prima pagina come delinquenti che rovinano uomini stimati, giovani promesse e bravi ragazzi, sono in fondo donne, ragazze, addirittura minorenni, che nella vita scelgono scientemente di mettersi in questo carosello, solo per lo sfizio di vendicarsi o, come dice qualcuno, perch\u00e9 prima ci stanno e poi si pentono.<\/strong><\/p>\n

Le loro storie buttate in pasto a telespettatori che stanno davanti alla tv coi popcorn come si sta davanti a un film porno di serie B, con conduttori e giornalisti che fanno la regia di storie e sofferenze vere, come si fa in un qualsiasi reality<\/p><\/blockquote>\n

\"\"\u00c8 successo tante volte: alle ragazze americane<\/strong> che hanno denunciato lo stupro di due carabinieri e fatte passare come due sporche bugiarde che volevano intascarsi un\u2019assicurazione (fake news pubblicata senza verifica), alla ragazza di Montalto di Castro<\/strong> che a 16 anni ha dovuto affrontare la gogna di un intero paese contro di lei per aver denunciato uno stupro di gruppo, o la ragazza di Melito<\/strong> che \u00e8 dovuta andare via dal suo paese perch\u00e9 a 13 anni era stata vittima del branco e aveva denunciato tutti.<\/p>\n

Victim blaming nel caso Grillo<\/strong><\/h4>\n

\"\"E succede ancora oggi, con Silvia appunto che ha denunciato uno stupro di gruppo<\/strong> nella mattina del 17 luglio del 2019 in Costa Smeralda nella villa del garante dei 5 stelle. Un caso diventato virale su tutti i giornali grazie al padre di uno degli indagati, Beppe Grillo, che ha usato la sua notoriet\u00e0 per mettere in discussione l\u2019operato dei magistrati e rivittimizzare la ragazza per scagionare il figlio e i suoi amici<\/strong> con un video che ha fatto milioni di visualizzazioni. Indagini che finora erano rimaste nelle stanze della Procura di Tempio Pausania, e che adesso sono diventate un osso ghiotto per chi \u00e8 in cerca di audience: show<\/a> in cui viene data la pubblica parola agli indagati, empatizzando anche con loro, o ai loro amici che ovviamente li difendono. <\/strong><\/p>\n

Salotti in cui opinionisti da strapazzo che non conoscono neanche l\u2019abc delle dinamiche della violenza maschile sulle donne, sparlano e fanno ricostruzioni fantasiose: tanto sono donne, ognuno pu\u00f2 dire la sua anche se \u00e8 una baggianata<\/p><\/blockquote>\n

\"\"E per questo alla fine il processo si fa in un ambito che non si pu\u00f2 pi\u00f9 chiamare neanche informazione, con la parola della ragazza messa sotto il vaglio di tutti<\/a>, anche del primo che passa per strada: “Scusa, tu che ne pensi di questa ragazza? Hai visto il video?”.<\/strong> Perch\u00e9 una donna che denuncia deve dimostrare fino in fondo che \u00e8 stata davvero violenza, che lei non era consenziente, e che \u00e8 stato uno stupro: fuori e dentro i tribunali, e lo deve dimostrare al mondo perch\u00e9 sta inguaiando maschi che si sono solo divertiti. Perch\u00e9 si sa, le donne mentono, sono delle \u201cpoco di buono\u201d, la loro parola non vale quanto quella di un uomo.<\/strong> Giovani maliarde che si ubriacano e poi dicono che \u00e8 uno stupro. E questo senza sapere che il fatto di essere ubriache<\/strong>, o comunque non in grado di esprimere consenso, \u00e8 un’aggravante<\/strong>. Ed \u00e8 cos\u00ec che alla fine questi show vanno in fondo, scavano, raschiano.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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