{"id":1802,"date":"2012-12-07T14:55:50","date_gmt":"2012-12-07T13:55:50","guid":{"rendered":"http:\/\/blog.ilmanifesto.it\/antiviolenza\/?p=1802"},"modified":"2021-02-04T00:40:32","modified_gmt":"2021-02-03T23:40:32","slug":"femminicidio-i-tribunali-aprono-le-porte-al-confronto","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/donnexdiritti.com\/2012\/12\/07\/femminicidio-i-tribunali-aprono-le-porte-al-confronto\/","title":{"rendered":"Violenza contro le donne e metodi di contrasto: i tribunali di Roma si aprono al confronto pubblico"},"content":{"rendered":"

Uno degli incontri pi\u00f9 interessanti sul tema della violenza contro le donne-femminicidio si \u00e8 svolto giorni a Roma: un tavolo dove si sono seduti diverse competenze (operatori e operatrici di giustizia, sanit\u00e0, forze dell’ordine, giornalismo, avvocatura, e societ\u00e0 civile) che si sono confrontate su una strategia concreta di contrasto alla violenza contro le donne. Una tavola rotonda dal titolo \u201cFemminicidio: analisi, metodologia e intervento in ambito giudiziario. Per una strategia concreta di lavoro interdisciplinare\u201d, <\/strong>durata circa 6 ore presso la Fondazione Lelio Basso di Roma, che ha avviato un dialogo tra chi lavora in ambiti diversi sulla violenza contro le donne, ognuno con la sua specificit\u00e0, ma tutte legate da un filo rosso: la prevenzione alla violenza.<\/p>\n

\"\"Gli interventi si sono concentrati infatti sull’applicazione di una strategia di prevenzione e tutela delle donne, pi\u00f9 che sull’aspetto punitivo, con grande accordo sul fatto che \u00e8 la prevenzione a giocare un ruolo fondamentale per affrontare il femminicidio. Tra tutto \u00e8 emerso pi\u00f9 volte la necessit\u00e0 della ratifica della Convenzione Europea di Istanbul da parte dell’Italia e la necessit\u00e0 di politiche mirate e dirette a un contrasto reale alla violenza sulle donne. In particolare la violenza nelle relazioni intime \u00e8 stata indicata da tutti come forma pi\u00f9 estesa della violenza contro le donne, ed \u00e8 all’interno della famiglia che sono stati ravvisati reati come maltrattamenti,<\/strong> ingiurie, atti persecutori, violenza fisica ed economica ma anche sequestro di persona e tortura, con effetti devastanti nei confronti dei minori quando presenti.<\/p>\n

Solo alla Procura di Roma sono stati avviati circa 6.000 procedimenti in un anno riguardanti le varie forme di violenza contro le donne<\/p><\/blockquote>\n

E’ stato evidenziato come la crisi italiana sia un altro degli ostacoli al contrasto al fenomeno sia per il finanziamento “a singhiozzo” dei centri antiviolenza, che sono cruciali, sia per politiche dirette e immediate in tutti i settori destinati, o da destinare, con questo scopo. Infine \u00e8 stato detto da pi\u00f9 parti che il problema riguardo la punizione di questi reati, non \u00e8 l’inasprimento della pena ma la sua giusta esecuzione attraverso le \u00a0normative gi\u00e0 presenti, in quanto si ravvisa spesso, nei tribunali, la mancanza della sua effettivit\u00e0 o comunque la minimizzazione di certi comportamenti lesivi.\u00a0<\/strong>Di fronte a una violenza non pu\u00f2 essere accettato che ci sia, nella fase preliminare, la massima garanzia dell’imputato mentre non sia prevista la massima assistenza e protezione della vittima, che molte volte – soprattutto quando il procedimento si apre con un pregresso di anni di maltrattamenti in famiglia – non ha piena consapevolezza del suo status, tanto da riferire erroniamente a se stessa parte della responsabilit\u00e0 di ci\u00f2 che \u00e8 accaduto.<\/p>\n

\"\"<\/strong>La violenza contro le donne non deve essere mai minimizzata, e l’approccio investigativo, di tutela, e di prevenzione deve prevedere una formazione specialistica che abbia un quadro intero ed esaustivo sul fenomeno stesso, ed \u00e8 inaccettabile, per esempio, che ancora oggi procedimenti riguardanti questi reati possano essere discussi davanti al giudice di pace, come spesso succede. Su questo l’accordo \u00e8 stato praticamente unanime in quanto si \u00e8 intercettato il bisogno della formazione specialistica a tutti i livelli: dai giudici, agli avvocati, forze dell’ordine, psicologi (sia in ambito strettamente sanitario che nelle consulenze all’interno dei tribunali), ma anche di chi opera nell’informazione e chi lavora nei centri antiviolenza.<\/p>\n

“Il tavolo di discussione si \u00e8 svolto a Roma presso la Fondazione Lelio Basso – ha detto Antonella Di Florio presidente sezione Tribunale di Roma <\/strong>e tra le organizzatrici dell’evento – \u00e8 partito da un articolo di Luisa Betti sul Manifesto quando le vittime di femminicidio erano, in Italia, 37 mentre oggi sono diventate 117 comprese le vittime collaterali.<\/p>\n

Ora nessuno pu\u00f2 pi\u00f9 negare che l\u2019uccisione delle donne configuri una fattispecie specifica che risponde a presupposti peculiari<\/p><\/blockquote>\n

e nessuno ritiene che si possa pi\u00f9 parlare genericamente di omicidio. La particolarit\u00e0 dei moventi e delle circostanze in cui il delitto viene commesso consente di coniare e pronunciare senza timore il termine di femminicidio,<\/strong> rispetto al quale c\u2019era stato finora qualche rifiuto, qualche reticenza. Sono stati fatti alcuni passi avanti”. Organizzato anche con\u00a0 Tiziana Coccoluto (giudice Tribunale di Roma) e Giuristi democratici, il tavolo ha analizzato e avviato un percorso di analisi e confronto tra chi lavora in ambiti diversi sulla violenza contro le donne: un dialogo proficuo tra giustizia, psicologia, informazione e societ\u00e0 civile. Un tavolo che, con un lavoro di integrazione, vuole sollecitare istituzioni, governo e ministeri preposti<\/strong>, a un\u2019azione trasversale per un efficace contrasto sulla violenza contro le donne, che sia per\u00f2 in un\u2019ottica di prevenzione e di protezione, prima che di punizione.<\/p>\n

\"\"
Antonella di Florio<\/figcaption><\/figure>\n

Antonella di Florio<\/strong> (presidente sezione Tribunale civile di Roma), introducendo i lavori, ha ricordato come questo \u201cconvegno \u00e8 stato pensato nel marzo del 2012 quando le vittime di femminicidio erano, in Italia, 37\u201d, mentre \u201coggi sono diventate 117, comprese le vittime collaterali\u201d. \u201cOra \u2013 dice Di Florio – nessuno pu\u00f2 pi\u00f9 negare che l\u2019uccisione delle donne configuri una fattispecie specifica che risponde a presupposti peculiari e nessuno ritiene che si possa pi\u00f9 parlare genericamente di omicidio\u201d, in quanto \u201cla particolarit\u00e0 dei moventi e delle circostanze in cui il delitto viene commesso, consente di coniare e pronunciare senza timore, il termine di femminicidio, rispetto al quale c\u2019era stato finora qualche rifiuto, qualche reticenza\u201d. Al tavolo sono emersi vari punti come l\u2019esigenza di una corretta attuazione delle norme gi\u00e0 vigenti in ambito giuridico, sia penale che civile, in quanto, come sottolineato da Barbara Spinelli<\/strong> (avvocata penalista, esperta femminicidio), anche l\u2019Onu ha individuato nell\u2019ordinamento italiano, \u201ca fronte di un invidiabile, ma pur sempre perfettibile, impianto normativo\u201d, \u201cil problema dell\u2019implementazione delle norme esistenti, viziata dal pregiudizio di genere\u201d.<\/p>\n

\"\"
Maria Monteleone<\/figcaption><\/figure>\n

Dopo il quadro internazionale dato da Spinelli, che ha spiegato come femmicidio e il femminicidio siano \u201cdue neologismi coniati per evidenziare la predominanza statistica della natura di genere della maggior parte degli omicidi e violenze sulle donne\u201d,\u00a0Maria Monteleone<\/strong> (procuratrice aggiunta Procura di Roma) ha dato chiara situazione della gravit\u00e0 della violenza domestica in Italia, auspicando una \u201cadeguata investigazione sui fatti che possono evolvere in reati di maggiore gravit\u00e0, e che spesso sono preceduti da episodi minimizzati anche dagli organi inquirenti\u201d. Monteleone, nel suo intervento, ha proposto alcune modifiche mirate alla prevenzione e alla tutela maggiore delle vittime di violenza:<\/strong> \u201cInnanzi tutto si deve assicurare una effettiva e concreta assistenza legale alla vittima fin dal momento in cui deve presentare la querela o la denuncia<\/strong> \u2013 ha spiegato – e bisogna introdurre modifiche legislative specifiche per la parte offesa anche nella fase delle indagini preliminari. Occorre \u2013 ha concluso – prendere atto che la vittima di questi fenomeni criminosi riveste una posizione particolare in un sistema processuale, il nostro, che \u00e8 troppo sbilanciato a favore dell\u2019autore del delitto, al quale vengono assicurate le pi\u00f9 ampie garanzie possibili\u201d. Monteleone ha sottolineato che<\/p>\n

\u201cil fenomeno della violenza che caratterizza le relazioni familiari \u00e8 molto grave perch\u00e9 sono elevati i nuovi procedimenti che ogni anno vengono iscritti\u201d<\/p><\/blockquote>\n

(circa 6.000), e che \u201csempre pi\u00f9 frequentemente si deve fare ricorso alla adozione di misure cautelari\u201d. \u201cE\u2019 un dato acquisito \u2013 dice Monteleone – che in pochi casi la violenza si ferma ad un singolo fatto, mentre risulta che molto spesso ci si trovi di fronte a un crescendo di gravit\u00e0, e un intervento tempestivo pu\u00f2 impedire che la situazione evolva in maniera ancora drammatica\u201d.<\/p>\n

\"\"
Franca Mangano<\/figcaption><\/figure>\n

Franca Mangano<\/strong> (presidente sezione Tribunale di Roma), ha ben spiegato l\u2019attuazione dell\u2019illecito endofamiliare, come fonte autonoma di risarcimento del danno, in sede civile, e una maggiore tutela dell\u2019individuo: \u201cGrazie alla l. n. 154\/200 \u2013 ha detto Mangano – il giudice civile, alla stessa stregua del giudice penale, pu\u00f2 adottare ordini di protezione per allontanare familiari e conviventi<\/strong> che costituiscano un pericolo per l\u2019incolumit\u00e0 e per la serenit\u00e0 psichica di altri componenti il nucleo familiare\u201d, e se \u201caccanto a questo sistema cautelare, il giudice civile provvede al risarcimento del danno derivante dal fatto reato o dall\u2019illecito civile\u201d, \u00e8 anche vero che \u201cla maggiore criticit\u00e0 risiede nella difficolt\u00e0 di quantificare il danno che una violenza sessuale o una condotta violenta in genere, produce sulla salute della donna, sulla sua dignit\u00e0 e sulla sua capacit\u00e0 di autodeterminazione\u201d.<\/p>\n

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Elvira Reale<\/figcaption><\/figure>\n

Eliva Reale<\/strong> (psicologa reponsabile dello sportello antiviolenza dell\u2019ospedale San Paolo di Napoli) ha sottolineato il bisogno di eziologie corrette con \u201cun\u2019attivazione autonoma del campo sanitario in tema di anti-violenza che preveda la riformulazione di prassi diagnostiche e d\u2019intervento\u201d,<\/strong> e ha chiesto il respingimento, da parte di giudici, di Ctu (Consulenze tecniche d\u2019ufficio) fatte da psicologi qualora, in sede di separazioni e affido di minori, non tengano conto – nel caso siano presenti – di violenza domestica e di abuso su minori, distinguendo la conflittualit\u00e0 dalla violenza, ed evitando in ogni modo che durante i processi la donna che ha subito questa violenza venga considerata sullo stesso piano dell\u2019offender. \u201cDavanti a questa tragica realt\u00e0 \u2013 ha detto Reale – \u00e8 essenziale la formazione di psicologi ai temi sanitari della violenza contro le donne in cui sia chiaro che la violenza del partner agisce come grave stressor<\/strong> sulla vita delle donne e dei minori\u201d.<\/p>\n

Per quanto mi riguarda ho invece<\/b> evidenziato la necessit\u00e0 di un cambiamento della cultura a partire dall\u2019uso della parola femminicidio che deve essere riempito di contenuti e non usato come un semplice slogan dai media: una \u201crivoluzione\u201d che passa attraverso una corretta informazione che smetta di ricalcare stereotipi secondo i quali la donna \u00e8 anche responsabile del suo stupro (provocatrice) e dove il marito \u201cgeloso\u201d uccide la moglie in un \u201craptus\u201d perch\u00e9 fuori di s\u00e9 (e quindi \u201cmeno grave\u201d).<\/p>\n

Chi scrive sui giornali e sostiene certi stereotipi, indirettamente giustifica e sostiene quelle pericolose attenuanti culturali che permettono agli offender di usufruire di allegerimenti di pena<\/p><\/blockquote>\n

senza che questo scandalizzi o indigni nessuno nell\u2019opinione pubblica. Un esempio \u00e8 la sentenza del Tribunale di Belluno dell\u2019anno scorso in cui un uomo, che ha stuprato una donna minacciandola con l\u2019accetta, ha usufruito di attenuanti in quanto la donna doveva sapere a cosa andava incontro perch\u00e9 conosceva il debole che l\u2019uomo nutriva nei suoi confronti, come \u00e8 scritto nella sentenza che lo ha condannato a 2 anni invece di 8 come chiesto dal pm. Un fatto che nessun giornale ha ripreso criticandone i presupposti appunto culturali.<\/p>\n

\"\"
Elisabetta Rosi<\/figcaption><\/figure>\n

Elisabetta Rosi<\/strong> (consigliere in Corte di Cassazione) ha poi non solo ribadito \u201cil ruolo sussidiario che la legislazione penale riveste, cos\u00ec come previsto nell\u2019ambito delle strategie della Convenzione europea di Istanbul contro la violenza sulle donne, che vedono nella prevenzione e soprattutto nella protezione delle vittime, la chiave di volta del contrasto al fenomeno della violenza\u201d,<\/strong> ma ha anche sottolienato l\u2019importanza dell\u2019adeguamento di un<\/del> linguaggio \u201cdifferente\u201d per quanto riguarda le sentenze che molte volte entrano nel merito delle violenze di genere, \u201csviluppando la consapevolezza della necessit\u00e0 di un uso della lingua italiana coerente con il rispetto dei diritti anche delle vittime particolarmente vulnerabili, nella redazione delle sentenze e degli altri provvedimenti giudiziari\u201d.<\/p>\n

Giovanni Diotallevi<\/strong> (consigliere in Corte di Cassazione), ha sottolineato come \u201canche la risposta organizzativa della Corte di Cassazione, per assicurare tempestivit\u00e0 e prevedibile uniformit\u00e0 alle decisioni su questa materia, ha previsto una razionalizzazione nella distribuzione degli affari concernenti questa tipologia di reati, limitando la competenza a due sole sezioni\u201d. Diotallevi ha fatto presente che \u201cl\u2019applicazione della legge sullo stalking e le modifiche sulla disciplina dei maltrattamenti in famiglia, con la relativa problematica del c.d. mobbing, richiedono approfondimenti progressivi e affinamento di sensibilit\u00e0 giurisprudenziali\u201d,<\/strong> e che \u201cl\u2019opportuniut\u00e0 di un approccio integrato di saperi si rivela indispensabile rispetto anche all’individuazione di mezzi ulteriori e diversi, rispetto a quello esclusivamente repressivo, che rischia di intervenire solo nel momento pi\u00f9 doloroso delle vicende\u201d.<\/p>\n

\"\"
Luisa Pellizzari<\/figcaption><\/figure>\n

Luisa Pellizzari <\/strong>(direttrice Servizio Operativo Centrale, Ministero degli Interni), insieme a Chiara Giacomoantonio<\/strong> (vice questore aggiunto SCO), ha esposto i passi avanti, fatti grazie all\u2019innovazione delle \u201cstrutture dedicate alla trattazione dei reati commessi in pregiudizio di donne e minori\u201d, con una \u201cuna sezione ad hoc specializzata nelle indagini concernenti lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia e il turismo sessuale in danno di minori, competenza che, negli anni, \u00e8 stata estesa ai reati commessi in ambito domestico e allo stalking\u201d.<\/strong> \u201cIl monitoraggio interforze degli omicidi consumati sul territorio nazionale, effettuato dal Dipartimento della Pubblica Sicurezza \u2013 ha detto Pellizzari – ha evidenziato, che la maggior parte di quelli commessi in pregiudizio di donne \u00e8 maturato in un contesto familiare: in particolare, dal 2010 ad oggi, del totale degli omicidi con vittima di sesso femminile, circa il 70% \u00e8 stato commesso in ambito familiare\u201d.<\/p>\n

A fronte di un trend che per quanto riguarda il femmincidio in Italia va a crescere (125 donne uccise nel 2010, 137 nel 2011), le parti che si sono riunite intorno a questo tavolo hanno, ognuna con una specificit\u00e0, mirato a una strategia interdisciplinare, e da parte di tutti gli interventi \u00e8 emerso che uno dei nodi fondamentali per un serio contrasto alla violenza contro le donne, \u00e8 la formazione riguardo la violenza di genere verso tutti coloro che hanno \u201ca che fare\u201d con questi temi: magistrati, avvocati, operatrici dei centri antiviolenza, psicologi, giornalisti che informano l\u2019opinione pubblica su questo fenomeno, forze dell\u2019ordine, personale dei pronto soccorsi, ecc.<\/p>\n

\"\"
Vittoria Tola<\/figcaption><\/figure>\n

A questo proposito Vittoria Tola<\/strong> (responsabile nazionale dell\u2019Udi e tra le promotrici della Convenzione No more!), ha riportato nella discussione \u201cil caso della ragazzina di Montalto stuprata da un gruppo di amici che hanno avuto la solidariet\u00e0 di un intero paese, sindaco in testa: un\u2019adolescente che all\u2019epoca aveva 15 anni e che oggi ne ha 22 mentre il processo deve ancora concludersi\u201d. Tola ha ribadito come \u201cla violenza contro le donne sia un fenomeno culturale, un fenomeno iscritto nella tradizione che viene da lontano, e che appartiene alla mentalit\u00e0. Una cultura che in questo caso significa l\u2019insieme delle idee,<\/strong> valori, strutture fisiche e simboliche che definiscono le norme di un determinato popolo o comunit\u00e0, definendo anche e soprattutto un potere e chi lo esercita in maniera dominante ed egemonica\u201d.<\/p>\n

La Convenzione No More!, ha tentato di indicare ambiti e priorit\u00e0 su cui intervenire contro la violenza sulle donne chiedendo, tra le altre cose, l\u2019immediata verifica del Piano Nazionale varato nel 2011 e la ratifica della Convenzione di Istanbul; ma ha anche lanciato il grido di quella societ\u00e0 civile e di quelle associazioni che negli anni hanno organizzato centri antiviolenza in tutta Italia, un grido al quale il presidente del consiglio Mario Monti, come asserisce Tola, \u201cnon ha ancora risposto dopo mesi di richieste\u201d.<\/p>\n

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Estratti dalla Tavola rotonda \u201cFemminicidio: analisi, metodologia e intervento in ambito giudiziario. Per una strategia concreta di lavoro interdisciplinare\u201d <\/strong>a cura di Luisa Betti (giornalista) e Antonella Di Florio (presidente sezione Tribunale civile di Roma)<\/em><\/p>\n

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Uno degli incontri pi\u00f9 interessanti sul tema della violenza contro le donne-femminicidio si \u00e8 svolto giorni a Roma: un tavolo dove si sono seduti diverse competenze (operatori e operatrici di giustizia, sanit\u00e0, forze dell’ordine, giornalismo, avvocatura, e societ\u00e0 civile) che si sono confrontate su una strategia concreta di contrasto alla violenza contro le donne. 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