{"id":160,"date":"2018-12-02T19:32:36","date_gmt":"2018-12-02T18:32:36","guid":{"rendered":"http:\/\/blog.ilmanifesto.it\/antiviolenza\/?p=160"},"modified":"2021-03-24T03:06:11","modified_gmt":"2021-03-24T02:06:11","slug":"sulle-strade-del-messico","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/donnexdiritti.com\/2018\/12\/02\/sulle-strade-del-messico\/","title":{"rendered":"Sequestri e violenze sulle strade del Messico da parte di militari"},"content":{"rendered":"

\u00abUn gruppo armato, con divise militari, ha assaltato l\u2019autobus in cui viaggiava da Monterrey a Zacatecas, ha sequestrato gli uomini, abbandonato a se stessi gli anziani e violentato le donne. L\u2019incubo \u00e8 durato varie ore. Il sequestro di autobus \u00e8 la nuova realt\u00e0 che si vive sulle statali del paese con il silenzio complice delle linee di trasporto di passeggeri<\/strong>. “Siete fottuti”, ha detto il capo del gruppo quando hanno aperto la porta dell\u2019autobus.<\/p>\n

\"\"<\/p>\n

Il veicolo, di propriet\u00e0 del Gruppo Senda, era partito dalla stazione degli autobus all\u2019una e mezza di notte e dopo due ore di strada si \u00e8 fermato in mezzo al deserto. Il comando bloccava la statale. Di fronte all\u2019ordine del delinquente, l\u2019autista ha detto al microfono: “Passeggeri, c\u2019\u00e8 un\u2019emergenza, scendete dall\u2019autobus”.<\/strong> Nello scendere, circa dodici uomini con armi lunghe e divise militari che viaggiavano su quattro furgoni, hanno obbligato i 25 passeggeri e l\u2019autista a disporsi con il volto verso l\u2019autobus con le mani alzate e le gambe larghe. C\u2019erano soltanto due donne, che sono state appartate insieme ai quattro anziani presenti; il resto dei passeggeri \u00e8 stato immediatamente caricato e portato via su tre dei loro veicoli. Hanno parlato tra di loro della benzina che avrebbero usato per incendiare l\u2019autobus.<\/p>\n

Un furgone \u00e8 rimasto parcheggiato: “Salite su, puttane!”, hanno ordinato, indicando loro la parte posteriore della pick up<\/p><\/blockquote>\n

dove c\u2019erano due uomini vestiti da militari che aspettavano; altri due erano nella cabina posteriore e uno guidava. <\/strong>Sono entrati un paio di chilometri nel deserto. Denise e Hortensia non si conoscevano, ma sono state compagne di una tragedia. La prima ha opposto resistenza ed \u00e8 stata brutalmente percossa; le hanno devastato parte del viso<\/strong>:<\/p>\n

“Cos\u00ec impari!”, le ha detto uno mentre si tirava gi\u00f9 i pantaloni. “Vogliamo divertirci”, ha commentato un altro mentre strappava i vestiti a Denise<\/p><\/blockquote>\n

Gli altri tre gli si sono uniti velocemente. L\u2019aggressione \u00e8 durata un\u2019ora. “Si sono tirati gi\u00f9 i pantaloni senza togliersi il resto dei vestiti. Il peso dei loro corpi mi ha immobilizzato. A un certo punto non ho pi\u00f9 capito che cosa dicevano<\/strong>, mi sono concentrata sul suono dei grilli, sulla mia famiglia, sui miei amici”, racconta Denise, di 28 anni.<\/p>\n

\"\"<\/strong>Sono trascorse gi\u00e0 diverse settimane. Soffre di depressione e angoscia, ma dopo un trattamento e una terapia pu\u00f2 ricostruire la storia: “Ho sentito che mi avrebbero ucciso.<\/strong> Ho pensato che mi avrebbero lasciato l\u00ec e che nessuno avrebbe saputo ci\u00f2 che mi \u00e8 successo.<\/strong> Ho cercato la mano dell\u2019altra donna, che non conoscevo. Lei gridava di dolore; l\u2019ho stretta con forza ed ho sentito nella sua mano una risposta uguale. \u00c8 stato cos\u00ec come ci siamo afferrate alla vita”.<\/strong> Gli stupratori parlavano spagnolo a stento, avevano l\u2019aspetto di gente del Sud, comunicavano tra loro in una lingua indigena che le vittime non hanno potuto riconoscere. “Erano soldati o paramilitari. \u00c8 stato un atto di potere su di noi. Non ce l\u2019avevano neanche in tiro. Sembravano drogati. Ci hanno introdotto un tubo di plastica nell\u2019ano<\/strong>. Ridevano (\u2026) poi ci hanno buttato via come dei rifiuti”.<\/p>\n

Dopo aver subito l\u2019aggressione, si sono ritrovate nude su una collinetta della statale. Un autobus di passeggeri si \u00e8 fermato; l\u2019autista \u00e8 sceso con una coperta e le ha invitate a passare direttamente alla cabina senza domandare nulla<\/p><\/blockquote>\n

come se la scena fosse quotidiana: “Sono cose che succedono tutti i giorni sulle strade del paese e nessuno muove un dito”.<\/strong> (…) Dall\u2019inizio dell\u2019anno ad oggi sono scomparsi circa un centinaio di abitanti di Guanajuato e di altri stati sulla strada per la frontiera, anche se il numero potrebbe essere maggiore,<\/strong> poich\u00e9 le imprese di autobus restano in un silenzio riguardo a questi fatti per evitare il risarcimento dei danni causati ai passeggeri, il pagamento dell\u2019assicurazione o la perdita dei clienti.<\/p>\n

\"\"Riguardo gli attacchi sessuali alle donne, le compagnie di trasporto su autobus sono pi\u00f9 ermetiche: \u201cPer quanti sforzi abbiamo fatto per dare visibilit\u00e0 al problema degli stupri, il corpo delle donne continua ad essere un bottino di guerra.<\/strong> Purtroppo ci continuano a considerare come cittadini di seconda categoria, per questo non vengono a galla, perch\u00e9 tra gli stessi uomini si proteggono\u201d, dice Maricruz Flores Mart\u00ednez, del Colectivo Plural de Mujeres contra la Violencia. Riconosce che la maggior parte delle vittime non denuncia queste aggressioni sessuali per paura: \u201cLe donne vengono violentate non solo dalla criminalit\u00e0 organizzata, ma anche da membri dell\u2019Esercito. Come possiamo opporre resistenza a uomini armati? Hanno il potere delle armi e utilizzano l\u2019arma della minaccia per evitare che le donne aggredite sporgano denuncia\u201d.<\/strong><\/p>\n

Una delle testimonianze raccolte da Bel\u00e9n Posada (Rifugio) del Migrante, \u00e8 quella di Nancy, salvadoregna di 24 anni sequestrata da Los Zetas a Coatzacoalcos (Stato di Veracruz) e rinchiusa in una \u201ccasa di sicurezza\u201d a Reynosa (Stato di Tamaulipas), dove c\u2019erano solo donne utilizzate come schiave sessuali:<\/strong><\/p>\n

\u201cDurante tutto questo periodo, spesso arrivavano tre uomini messicani, i capi, e violentavano le donne come me che erano state sequestrate. Ho dovuto aspettare che mia zia mettesse insieme i soldi per pagare il mio riscatto\u201d<\/p><\/blockquote>\n

\"\"<\/strong>\u201cNove su dieci donne migranti vengono aggredite sessualmente durante il passaggio in Messico sulla strada per la frontiera con gli Stati Uniti\u201d, afferma Melissa Dom\u00ednguez, membro della Piattaforma per lo Sviluppo Adolescente e Giovanile Indigeno. \u201cSono una minoranza quelle che non soffrono una violenza o un\u2019estorsione sessuale<\/strong> (si va dalle molestie sessuali fino a dover pagare con il proprio corpo affinch\u00e9 l\u2019agente della Polizia Migratoria, un militare o un trafficante le aiuti a varcare il confine o le lasci passare). Delle migranti che ho conosciuto, il 90% ha subito delle violenze.<\/strong><\/p>\n

Ho conosciuto donne che si fanno un\u2019iniezione contraccettiva per evitare di rimanere incinta\u201d: il problema \u00e8 invisibile<\/p><\/blockquote>\n

concordano Melissa Dom\u00ednguez e Maricruz Flores, per la mancanza di prevenzione e di interesse istituzionale a fermarlo: \u201cLe donne hanno ancora paura di sporgere denuncia<\/strong>; a volte pensano: \u201cmi hanno gi\u00e0 violentato, adesso posso andare avanti\u201d,<\/strong> un\u2019idea che ha a che vedere con i loro processi personali e la paura di essere deportate\u201d.<\/p>\n

________________________________________________________________________<\/p>\n

Questo articolo \u00e8 stato scritto da Sanjuana Mart\u00ed e pubblicato su \u201cLa Jornada\u201d<\/a><\/em> – traduzione Clara Ferri<\/em><\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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