{"id":14805,"date":"2021-03-04T04:30:47","date_gmt":"2021-03-04T03:30:47","guid":{"rendered":"https:\/\/donnexdiritti.com\/?p=14805"},"modified":"2021-03-04T07:38:38","modified_gmt":"2021-03-04T06:38:38","slug":"partorire-si-ma-come-la-violenza-ostetrica-nel-terzo-millennio","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/donnexdiritti.com\/2021\/03\/04\/partorire-si-ma-come-la-violenza-ostetrica-nel-terzo-millennio\/","title":{"rendered":"Covid 19 e gravidanza. Violenza ostetrica nel terzo millennio"},"content":{"rendered":"

La medicina ha fatto enormi passi avanti nelle ultime decadi del secolo scorso e nei primi due decenni di questo millennio e mai come oggi, nella storia dell’umanit\u00e0, partorire e nascere \u00e8 stato cos\u00ec sicuro. Un grande risultato e un incredibile successo. Tutto bene allora? Se l’obiettivo della medicina \u00e8 quello di curare e mantenere in salute il maggior numero possibile di persone siamo sicuri che, malgrado i migliori risultati di salute, la scelta di ospedalizzare il percorso nascita, proprio per le caratteristiche dell’ospedale, sia stata e sia quella giusta?<\/p>\n

\"\"Le donne che hanno una gravidanza fisiologica a termine, sono le uniche persone sane che vengono ricoverate in ospedale ed \u00e8 sul senso di questa eccezione che \u00e8 importante riflettere. <\/strong>A una prima rapida e superficiale analisi sembrerebbe effettivamente cos\u00ec, che l’ospedale sia il posto giusto per il parto: la mortalit\u00e0 e morbilit\u00e0 materna e neonatale si sono incredibilmente ridotte, quale migliore conferma? Ma se riflettiamo sui fattori che hanno portato a questo risultato ci accorgiamo che presumere che questo accada soltanto (o principalmente) grazie all’ospedalizzazione del parto denota una grave mancanza di consapevolezza su quelle che sono le motivazioni alla base di questo cambiamento, e tradisce il pregiudizio atavico che abbiamo nei confronti del corpo della donna in generale<\/strong> e della donna che diviene madre in particolare: corpo visto come macchina difettosa da correggere e che necessita sempre di assistenza ospedaliera ad alta specializzazione, sale operatorie e rianimazione.<\/p>\n

Il Covid-19 ci ha insegnato che non essere adeguatamente preparati pu\u00f2 costarci molto caro, quindi la preparazione e la prudenza devono sempre guidarci nella giusta scelta del luogo del parto<\/p><\/blockquote>\n

Ma qual \u00e8 il luogo pi\u00f9 sicuro per partorire? Cosa dicono gli studi e in base a quali parametri ha veramente senso orientarsi? Secondo l\u2019OMS il parto negli ultimi decenni \u00e8 stato medicalizzato e sottomesso a una tecnologia, chirurgica e farmacologica, molto invasiva e con costi umani e sociali elevatissimi e da anni denuncia sia i danni prodotti da questo atteggiamento che gli effetti della cosiddetta violenza ostetrica: la violenza che le donne subiscono riguardo alla loro salute sessuale e riproduttiva e che, in buona parte, viene agita proprio attraverso una medicalizzazione eccessiva<\/strong> e inappropriata.<\/p>\n

\"\"Gi\u00e0 nel 1976 il filosofo Ivan Illich ci metteva in guardia dal rischio di una cattiva gestione delle risorse sanitarie e della tecnologia e nella sua opera \u201cNemesi Medica\u201d sostiene che \u201cla salute tocca i suoi livelli ottimali l\u00e0 dove l’ambiente genera capacit\u00e0 personale di far fronte alla vita in modo autonomo e responsabile. Il livello di salute non pu\u00f2 che calare quando la sopravvivenza viene a dipendere, oltre una certa misura, dalla regolazione eteronoma (cio\u00e8 diretta da altri) dell’omeostasi dell’organismo. Oltre una certa intensit\u00e0 critica, la tutela istituzionale della salute equivale a una negazione sistematica della salute\u201d. Dunque non sono il progresso, la tecnologia, le nuove opportunit\u00e0 e le scoperte della medicina, ad essere al centro della critica di Illich, ma la gestione e l’uso che ne facciamo.<\/strong> Perdonate la ripetizione ma per evitare fraintendimenti \u00e8 importante soffermarsi su questo punto:<\/p>\n

non sono il progresso e la tecnologia a essere al centro dell’analisi di Illich ma anche e soprattutto l’uso che ne facciamo<\/p><\/blockquote>\n

\"\"In linea con le affermazioni di Illich, anche se con quasi 40 anni di ritardo, la definizione stessa di salute \u00e8 stata modificata. Infatti la definizione di salute dell’OMS del 1948 indicava la salute come “uno stato di completo<\/em> benessere fisico, mentale, psicologico, emotivo e sociale”. Questa definizione, oltre ad essere un traguardo impossibile da raggiungere, ha portato negli anni ad un eccesso di medicalizzazione e problemi di natura etica. Nel 2011 \u00e8 stata presentata una nuova definizione di salute come “la capacit\u00e0 di adattamento e di autogestirsi di fronte alle sfide sociali, fisiche ed emotive”.<\/strong> Questa definizione pone l’accento sulla capacit\u00e0 della persona, come prima risorsa, e ha dunque aperto la strada a nuovi dibattiti e riflessioni.<\/p>\n

In queste pagine vedremo come quello che abbiamo scelto di fare con le nuove possibilit\u00e0 offerte dal progresso e dalla tecnologia abbiano di fatto trasformato l’evento parto e la nascita, ed \u00e8 sul senso di questo cambiamento che si vuole riflettere. \u00c8 significativo che, malgrado l’importanza di queste tematiche, sia la riproduzione che la nascita e la maternit\u00e0, continuino a essere considerati prevalentemente temi da<\/em> e di<\/em> donne,<\/strong> come se fossero temi che riguardano solo le donne che scelgono di diventare madri.<\/p>\n

In realt\u00e0 il tema della nascita riguarda tutti e tutte noi, perch\u00e9 tutti noi siamo nati e il modo in cui siamo venuti al mondo pu\u00f2 avere un’influenza sulla nostra salute fisica e psicologica<\/p><\/blockquote>\n

\u00c8 stato un parto facile e stimolante o al contrario difficile che ha messo a dura prova la nostra capacit\u00e0 di adattamento post natale? Siamo stati separati giorni e giorni da nostra madre o abbiamo potuto sperimentare un contatto prolungato e precoce con il suo corpo? Dopo la nascita siamo stati in un ambiente che permetteva un efficace rilascio di ossitocina ed endorfine, che permettono di utilizzare i riflessi neonatali in modo ottimale all’avvio di un buon allattamento, o al contrario un ambiente difficile, con conseguente rilascio di adrenalina e altri ormoni dello stress e quindi maggiori difficolt\u00e0?<\/strong><\/p>\n

\"\"Il cervello dei neonati \u00e8 molto plastico e adattabile ma la secrezione ormonale pu\u00f2 portare a privilegiare l’attivazione di alcune connessioni neuronali, e non altre, di alcuni tratti del DNA, e non altri, producendo un cambiamento su quello che noi saremo, come persone. Quindi variazioni epigenetiche. E l’epigenetica \u00e8 una branca della genetica che si occupa dello studio delle modificazioni dell’espressione genica senza per\u00f2 alterare la sequenza del DNA, dunque studia quale parte del DNA verr\u00e0 espressa e quale rimarr\u00e0 silente,<\/strong> rendendoci persone diverse da quello che saremmo state in contatto con un altro ambiente. Dunque l\u2019ambiente che ci circonda ha una importanza fondamentale. Ma il parto ci riguarda anche una seconda volta perch\u00e9 tutti e tutte siamo nati da una donna e l’esperienza che questa donna ha fatto del parto pu\u00f2 avere un’influenza sia su di lei come persona sia sul suo modo di essere madre, perch\u00e9 il parto \u00e8 un evento che molte donne considerano trasformativo e fondante, e quindi ha effetto anche sul senso di competenza e realizzazione personale.<\/p>\n

Si \u00e8 sentita compresa, supportata, assistita con tenerezza e amore al momento del parto o \u00e8 stata svalutata, sminuita e disprezzata nelle sue fragilit\u00e0 e insicurezze?<\/p><\/blockquote>\n

E subito dopo la nascita ha potuto occuparsi di noi in un ambiente che l’ha sostenuta, quando e se ne aveva bisogno, confermandola nelle sue competenze oppure \u00e8 stata sottolineata la sua mancanza di esperienza mettendo in dubbio le sue capacit\u00e0 come madre? Per questi e altri motivi il modo in cui una donna partorisce riguarda tutti noi, uomini e donne, ed \u00e8 significativo che, malgrado questo, le rivendicazioni e le riflessioni, eccetto rari casi, provengano ancora oggi esclusivamente da donne, donne che hanno partorito in particolare.<\/p>\n

Anche il mio percorso non \u00e8 stato differente e anch’io, come tante altre donne, ho cominciato a interessarmi al tema solo dopo la nascita del mio primo figlio. Sono ostetrica dalla fine degli anni \u201990 e ho assistito parti in tanti luoghi diversi: il grande policlinico universitario, la clinica convenzionata, la clinica privata. Ho assistito parti e accolto nascite anche in luoghi particolari<\/em> per l\u2019Italia dei giorni nostri, che non prevedono la presenza del medico, come la<\/strong> Casa Maternit\u00e0 (molto diffuse in Germania, Olanda e Regno Unito) e il parto a domicilio<\/strong>: cos\u00ec comune in Italia fino agli ’50 \u00e8 ora una scelta che poche coppie fanno anche se in crescita grazie al rimborso parziale da parte di alcune Regioni.<\/p>\n

\"\"<\/p>\n

La possibilit\u00e0 di vedere partorire migliaia di donne in questi diversi scenari \u00e8 stata un vantaggio e un privilegio e ha cambiato radicalmente la mia visione del parto e, mentre il mio percorso di formazione da ostetrica \u00e8 iniziato in un policlinico universitario dove sono stati i rigidi protocolli a dettare tempi e modalit\u00e0 della nascita e dove l’assistenza \u00e8 connotata da una medicalizzazione aggressiva e spersonalizzante, a casa potevo sperimentare la potenza del parto non disciplinato<\/strong> e non subordinato alla volont\u00e0 di noi operatori, ma nel quale al contrario era sempre la donna a dettare tempi e modalit\u00e0. Tutto nel rispetto della salute di madre e neonato. Quello che sperimentavo e vedevo in ospedale pu\u00f2 essere riassunto in poche righe: in ospedale non c’era nessuna possibilit\u00e0 di scelta e le routine erano sempre le stesse.<\/p>\n

Quindi tutte le donne, sia che ce ne fosse bisogno che no, ricevevano appena arrivate in accettazione uno sgradevole clistere di acqua saponata, la rasatura dei peli pubici, subito un ago cannula da tenere al braccio per tutta la durata del travaglio e del parto<\/p><\/blockquote>\n

Venivano sottoposte a fastidiose visite vaginali, anche pi\u00f9 volte in un’ora, e non mancava mai la rottura artificiale delle membrane con l’amniotomo (un uncino di plastica), e a seguire veniva somministrata un’endovena di ossitocina che aveva lo scopo di ridurre i tempi aumentando la frequenza e l’intensit\u00e0 delle contrazioni. Il monitoraggio cardiotocografico doveva essere tenuto per tutta la durata del travaglio e del parto,<\/strong> ma se la valutazione del battito cardiaco fetale ci rassicura sulla buona salute del feto, al tempo stesso impedisce di muoversi alla donna, che \u00e8 collegata alla macchina con un filo di un metro e tenere il monitoraggio attaccato per tutta la durata del travaglio, se non c\u2019\u00e8 una chiara indicazione di tipo medico, \u00e8 contrario alle raccomandazioni dell\u2019OMS.<\/p>\n

\"\"Il parto ovviamente avveniva in posizione sdraiata a gambe aperte (spesso in una stanza piena di persone), una decisa spinta sulla pancia accompagnava l\u2019espulsione del feto, e per finire un\u2019ampia, inutile e dannosa mutilazione genitale: l\u2019episiotomia (incisione del perineo di circa 4 cm).<\/strong> Dopo la nascita il cordone ombelicale veniva tagliato immediatamente e il neonato veniva portato in osservazione per varie ore al nido. Unico conforto, dove c’era, l’epidurale. Quello che mi colpiva in particolare era che il dolore e la sofferenza in quei luoghi fossero dati per scontati. Erano nell’aria proprio come questo virus che ci sta piegando, e trattavamo le donne come oggetti in nostro potere, quasi l’ospedale fosse uno spazio in cui la libert\u00e0 personale e il diritto all’autodeterminazione sul proprio corpo venissero temporaneamente meno, in nome della presunta maggiore sicurezza per la salute del feto.<\/strong> Come se i diritti della madre e il diritto del feto siano in contrapposizione, in una relazione avversariale in cui, all’aumentare dei diritti da una parte, invariabilmente e fatalmente, diminuiscono dall’altra. E in cui siamo noi medici e ostetriche a decidere sul loro corpo.<\/p>\n

\"\"L’assistenza nelle cliniche private e convenzionate non era molto differente, pi\u00f9 o meno ricalcava le stesse pratiche, con la magra consolazione di un po’ di maquillage: espressioni verbali pi\u00f9 gentili, meno durezza, ma in sostanza il percorso era lo stesso. Nel parto a casa, e nelle case maternit\u00e0, con le sue grandi possibilit\u00e0 e i suoi grandi limiti, ho potuto imparare moltissimo e trovare finalmente la risposta a tanti interrogativi.<\/strong> Ad esempio mi ero sempre chiesta come fosse possibile che il parto vaginale, cos\u00ec detto naturale, <\/em>potesse essere cos\u00ec facile per gli animali e cos\u00ec difficile per gli esseri umani, e nel parto a casa finalmente potevo vedere cosa accade in un ambiente in cui il corpo della donna non viene condizionato, dominato, ma pu\u00f2 esprimersi spontaneamente. Con mia sorpresa ho assistito alla nascita di neonati che molto difficilmente sarebbero nati senza l’aiuto di un chirurgo.<\/p>\n

Ho visto vagine di donne aprirsi e richiudersi senza danno alcuno, senza tagli e senza lacerazioni. Ho visto neonati grandi, grandissimi, partoriti in piedi senza sforzo<\/p><\/blockquote>\n

Ho imparato che se mi rallentavo<\/em>, e aspettavo senza forzare, potevo assistere parti pi\u00f9 veloci e sicuri. Ma quanto sono cambiate le cose negli ultimi 20 anni in ospedale e come si \u00e8 modificata l\u2019assistenza alla nascita? Cosa ne \u00e8 stato della stanza rosa<\/em>, del parto dolce<\/em>, di tutti i cambiamenti che avrebbero dovuto portarci finalmente al cosiddetto parto umanizzato<\/em>?<\/strong> Ma l\u2019assistenza al parto in Italia \u00e8 ancora cos\u00ec? Si e no. A oggi alcune pratiche sono cambiate, il clistere e la depilazione non sono pratiche routinarie e alcuni centri concedono<\/em> alle donne di partorire in posizioni alternative<\/em>. Ma per lo pi\u00f9 la maggior parte degli interventi \u00e8 rimasta pressoch\u00e9 invariata in gran parte delle sale parto. E alcune pratiche sono addirittura peggiorate come l\u2019incidenza delle induzioni e il tasso di tagli cesarei.<\/p>\n

\"\"Questo accade perch\u00e9, purtroppo, come abbiamo gi\u00e0 ricordato, la condizione della donna nel parto \u00e8 considerata un tema marginale, che merita attenzione solo quando tutto, ma proprio tutto il resto, \u00e8 stato assolto<\/strong>. E quindi solo occasionalmente e superficialmente. Il mantra \u00e8 sempre quello: l\u2019importante \u00e8 che madre e neonata\/o stiano bene. Senza alcun riferimento ai danni dell\u2019eccesso di medicalizzazione: danni a breve, medio e lungo termine. Danni non sempre facili da valutare, ma non per questo meno importanti. Della situazione attuale ci parla l\u2019indagine campionaria recentemente pubblicata dall\u2019Ordine della Professione Ostetrica di Roma e Provincia e condotta nel 2016 da Michele Grandolfo (epidemiologo) su un campione di 979 donne in 8 diversi centri nascita della capitale.<\/strong> L\u2019indagine mette in evidenza pochi, salienti momenti dell\u2019assistenza, e mostra che, contrariamente a quanto raccomandato dall\u2019OMS:<\/p>\n

su 10 donne di 3,4 donne ricevono farmaci per provocare il travaglio (parto indotto), 7 hanno il monitoraggio cardiotocagrafico attaccato per tutta la durata del travaglio, 8 partoriscono sdraiate e 4 di quelle che partoriscono il primo figlio, ricevono il taglio della vagina (episiotomia)<\/p><\/blockquote>\n

\"\"Anche da questi pochi dati possiamo facilmente comprendere quanto ancora oggi la situazione sia difficile e quanto non sia sostanzialmente cambiata, malgrado le recenti battaglie e rivendicazioni contro la violenza ostetrica. Spero che la grande emergenza nazionale (e mondiale) che stiamo affrontando ci costringa a rivedere il modello dell’ospedalizzazione di massa nel parto come unica e migliore soluzione<\/strong>, modello che fino a ora non era mai stato messo in discussione dalla medicina istituzionale e dalla grande maggioranza delle societ\u00e0 scientifiche, ma al contrario \u00e8 stato sostenuto come il solo modello possibile. E questo malgrado la presenza di forti evidenze della promozione del parto non medicalizzato come punto centrale per tutelare la salute delle madri e dei neonati. Grandi sforzi sono stati fatti da parte di associazioni femministe e gruppi di ostetriche ma si tratta di piccoli gruppi in confronto al gruppo maggioritario dominante che detiene ed esercita il potere.<\/p>\n

Ma perch\u00e9 la maggior parte delle donne accetta, supinamente, questa manipolazione e oltraggio al proprio corpo?<\/p><\/blockquote>\n

A mio parere, il bisogno di sicurezza della donna per la sua salute e per la salute del neonato e la sua paura nel confrontarsi con un evento si naturale <\/em> ma al tempo stesso nuovo e sconosciuto, sono stati la leva sulla quale fare pressione. Spesso siamo proprio noi operatori della nascita, ostetriche e ginecologi, a trattare le donne come (s)oggetti passivi incapaci di comprendere la complessit\u00e0 dell’evento parto.<\/strong> Questo atteggiamento paternalista, che nasconde una malcelata sfiducia nei confronti del corpo delle donne, \u00e8 stato inconsapevolmente introiettato dalle donne stesse portandole a delegare ad altri, percepiti come pi\u00f9 competenti, quanto pi\u00f9 possibile. \u00c8 stato messo in atto un processo di dis-empowerment<\/em> attraverso il quale le donne sono state delegittimate dalle loro competenze nell’evento.<\/p>\n

\"\"Un altro aspetto che influisce in modo incisivo e decisivo sulla nostra percezione del parto, sull’idea che ne abbiamo, e quindi sulle scelte che facciamo quando dobbiamo decidere dove e come partorire, \u00e8 dato dalle parole che usiamo per definirlo e descriverlo. Il parto viene spesso descritto come un evento doloroso ma sopratutto pericoloso, sia per la madre che per il bambino, e nel quale \u00e8 sempre presente un rischio.<\/strong> Anche la gravidanza fisiologica, normale, in una donna sana, viene definita in base a questo parametro e chiamata infatti gravidanza a basso rischio. <\/em>La ginecologa Anita Regalia, ex primaria dell\u2019ospedale San Gerardo di Monza, inizia il suo libro con: \u201cLa nascita: rischi reali, pericoli percepiti\u201d, ricordando che \u201cai giorni nostri\u201d, se ci chiedessero di condensare in sole due parole i determinanti della pratica ostetrica contemporanea, potremmo identificarli nelle parole \u201crischio\u201d e \u201cmorte\u201d, e non \u201cnascita\u201d. Regalia prosegue citando lo psicologo Paul Slovic: \u201cil pericolo \u00e8 reale ma il rischio \u00e8 socialmente costruito\u201d e \u201cchi controlla la definizione del rischio controlla la soluzione razionale del problema\u201d.<\/strong> Questo perch\u00e9<\/p>\n

le parole che usiamo definiscono la realt\u00e0, la modificano, la trasformano, quindi attraverso la parole che usiamo per definire la gravidanza e il parto, esercitiamo un controllo sul corpo della donna che partorisce<\/p><\/blockquote>\n

\"\"<\/p>\n

Con questo non si vuole sostenere che il rischio insisto nell\u2019assistenza ostetrica sia da sottovalutare ma riflettere sul fatto indiscutibile che \u201cla definizione del rischio \u00e8 un esercizio di potere\u201d (P. Slovic) e riconoscere che a ogni potere corrisponde una responsabilit\u00e0. Quindi un destino inevitabile delle donne quello di essere manipolate e oltraggiate durante il parto?<\/strong> Chiaramente no, non \u00e8 un percorso in cui le donne sono sempre e solo (s)oggetti passivi di un sistema: come nella maggior parte delle volte \u00e8 necessario avere, implicitamente o esplicitamente, il permesso e l\u2019autorizzazione da parte della \u201cvittima\u201d per poter agire. Il potere che controlla e abusa dei corpi lo fa anche grazie alla nostra condiscendenza, arrendevolezza se non addirittura disponibilit\u00e0.<\/strong> E questo permesso spesso lo concediamo perch\u00e9, in cambio della richiesta di una totale delega del corpo, ci offre un falso senso di sicurezza: affidarsi all\u2019esperto che sa e salva \u00e8, il pi\u00f9 delle volte, una tentazione irresistibile.<\/p>\n

Come ostetrica credo che, nel prossimo futuro, la condizione delle donne nel parto cambier\u00e0 radicalmente. Sono ormai quasi 50 anni che le donne possono scegliere, se lo desiderano, di usare contraccettivi e pi\u00f9 di 40 anni che possono scegliere di abortire: la maternit\u00e0 non \u00e8 pi\u00f9 un destino inevitabile ma sempre di pi\u00f9 una scelta consapevole e responsabile.<\/strong><\/p>\n

Ora molte donne rivendicano i loro diritti e vogliono scegliere come e dove partorire, chi avere accanto, se usare l\u2019epidurale o avere un parto in acqua<\/p><\/blockquote>\n

\"\"Malgrado che, come accennato prima, il tema del parto delle donne sia ancora un tema\u00a0marginale, mai come adesso \u00e8 stato un tema cosi diffuso e dibattuto. Il coronavirus ha cambiato alcune nostre abitudini radicalmente, forse per sempre. <\/strong>Ha sconvolto la nostra esistenza, ha ucciso i nostri cari, ha distrutto parte della nostra economia ed \u00e8 stato il peggior flagello che ha colpito l’Europa negli ultimi 80 anni. Come previsto a suo tempo da Simone De Beauvoir, ha provocato una diminuzione dei diritti delle donne: \u201cNon dimenticate mai che sar\u00e0 sufficiente una crisi politica, economica e religiosa perch\u00e9 i diritti delle donne siano messi in discussione. Questi diritti non sono mai acquisiti. Dovrete restare vigili durante tutto il corso della vostra vita\u201d. Quindi nel giro di poco tempo, abbiamo visto donne sole in sala parto, senza il compagno, obbligate in posizioni difficili e faticose, neonati separati dalle madre senza nessun motivo di ordine medico. Donne a cui \u00e8 stato impedito di abortire o che sono state comunque costrette a percorsi lunghi e difficili.<\/strong><\/p>\n

Questo \u00e8 stato un primo, atteso, risultato della pandemia. Ma la pandemia, dalla quale forse stiamo lentamente riemergendo, potrebbe anche essere l’occasione per capire cosa vogliamo cambiare e quali sono le priorit\u00e0 e le cose a cui diamo valore nella nostra vita. Ci chiediamo se in una realt\u00e0 che ci vede da una parte pi\u00f9 fragili, perch\u00e9 consci di non essere pi\u00f9 immortali e intoccabili,<\/strong> ma al tempo stesso forse pi\u00f9 consapevoli di cosa ci danneggia e indebolisce, saremo finalmente in grado di uscire dal bisogno di delegare al medico taumaturgo il nostro corpo per entrare in quelle che sono le nostre reali e pi\u00f9 profonde necessit\u00e0.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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