India: donne psichiatrizzate trattate peggio degli animali

HRW Il rapporto dell’organizzazione denuncia lo stato delle ragazze rinchiuse nei manicomi dove subiscono violenze

Luisa Betti Dakli
Luisa Betti Dakli
Direttrice di DonnexDiritti Network e International Women



L’inquietante rapporto di «Human Rights Watch» sulle donne internate per problemi psichiatrici in India è il frutto di una ricerca condotta dal 2012 al novembre 2014 con sopralluoghi e interviste in 24 strutture tra ospedali psichiatrici, centri di riabilitazione e istituti residenziali a Nuova Delhi, Calcutta, Mumbai, Pune, Bangalore e Mysore.

Con 200 interviste a donne con disabilità, alle famiglie, a Ong, medici, funzionari di governo e polizia, è stato redatto un rapporto su come le ricoverate subiscano violenze con la doppia discriminazione di genere e malata mentale: donne che una volta rinchiuse, vivono «nell’isolamento, nella paura, nell’abuso, senza alcuna speranza di fuga» – come riferisce Kriti Sharma che ha condotto la ricerca. Un Paese che ufficialmente dichiara il 2,21 per cento di disabilità, anche se il Ministero della Salute sostiene una percentuale che si aggira sul 6-7 (74,2-86’500’000) per disturbi mentali e il 1-2 per cento (12,4-24’700’000) per gravi disturbi mentali: cifre ritenute comunque troppo basse dagli esperti, per il secondo Paese più popoloso del globo. Ma cosa ha trovato HRW in queste strutture? In molti di questi posti

i gabinetti sono«traboccanti di feci con un fetore che permea i reparti adiacenti», il Pune Mental Hospital su 100 bagni per 1850 pazienti, ne ha 25 funzionanti: «una situazione che rende la defecazione all’aperto la norma»

riferisce il dottor Vilas Bhailume. La maggior parte delle donne incontrate hanno costantemente tirato fuori pidocchi dai loro capelli durante le interviste in strutture che spesso le rasa forzatamente. Ameena, 40 anni con schizofrenia, ha raccontato: «Ci danno il sapone solo il venerdì e non abbiamo asciugamani. Ci laviamo i denti con dentifricio in polvere sulle dita e quando dobbiamo cambiare i vestiti rimaniamo nude all’aperto mentre aspettiamo la lavanderia»

Donne e ragazze che vengono internate dalle famiglie che lasciano recapiti e nomi sbagliati per non essere più rintracciabili, e che possono essere rinchiuse per motivi che non hanno a che fare con la malattia mentale, in quanto se un marito, un padre o un tutore dichiara che una donna è psicologicamente labile, quest’ultima perde la capacità giuridica dopo l’esame medico e su presentazione di due certificati. Referti su cui il magistrato può emettere un ordine per il trattamento in ospedale psichiatrico dopo il quale la donna o è ripresa dalla famiglia, o viene inviata a un istituto: e questo malgrado nel 2007 l’India abbia ratificato la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità.

HRW ha scoperto che ragazze che hanno avuto rapporti fuori dal matrimonio, o sono state stuprate, possono essere internate per il disonore. Ma può essere anche un marito che desidera disfarsi della moglie. Come è successo a Deepali, 46 anni con quattro figli, che nel 2007 ha avuto un attacco di panico ed è stata prelevata dalla polizia e portata in un ospedale psichiatrico a Delhi:

«Sono stata circondata da dieci poliziotti che mi hanno presa a calci e dopo ho scoperto che mio padre e mio marito avevano firmato il mio internamento»

O come Vidya, una naturopata che ha raccontato di essere stata internata dal marito che voleva sbarazzarsi di lei con un divorzio senza passarle gli alimenti, per disabilità mentale. «Si sono presentati a casa un medico, un infermiere e un ragazzo dicendo che dovevano fare vaccinazioni obbligatorie – ha detto – e prima che me ne rendessi conto, mi hanno iniettato qualcosa che mi ha addormentato.

La mattina dopo non capivo dove fossi e una signora mi ha detto che ero arrivata in un reparto psichiatrico

Non potevo uscire né telefonare. Più tardi ho scoperto che mio marito aveva organizzato tutto ed è stata mia madre a tirarmi fuori un mese dopo». Donne che possono essere fermate per strada e internate senza consenso e che una volta dentro «vengono colpite dal personale che tira i capelli e le getta a terra trascinando il corpo sul pavimento», come descrive Devika, o picchiate con bastoni e denigrate dall’assistente sociale o minacciate con l’elettroshock per prendere le medicine. Un trattamento umiliante che si spinge oltre. Siamo trattate peggio delle bestie».

Donne che non hanno assistenza neanche se si fanno male, come riporta Rachna Bharadwaj, il sovrintendente di Asha Kiran, che ha parlato di una ragazza tornata nella struttura da un ospedale psichiatrico che malgrado avesse «un braccio che pendeva inerte sul lato, nessuno si era preso la briga di curarla», o di una donna che con un’ulcera al piede infettata da vermi neri non era stata disinfettata.

Per quelle poi che subiscono uno stupro non c’è alcuna speranza: «Ho cercato di raccontare a un medico quello che mi era successo ma lui ha detto che stavo mentendo»

Nel caso di donne con disabilità psichiche il problema è essere credute e ciò rende gli offender impuniti, perché è la stessa polizia che si rifiuta di registrare il caso. «Se lei è un malato mentale – dice un poliziotto – non ha una mente cosciente, e quindi come può affermare di essere stata violentata?».

la presenza di personale maschile in reparti femminili mette le donne a rischio

Radha, un’assistente sociale di Kolkata, racconta di una donna violentata nell’ospedale psichiatrico di Pavlov in maniera del tutto indisturbata: «In tarda serata – ha detto a HRW – il personale è venuto a dare le medicine e uno di loro è andato dentro il bagno. Le donne non sono al di fuori dalle camere la notte e le infermiere cercavano una ragazza sparita, quando a un certo punto è riapparsa dietro l’uomo che era uscito dal bagno e con i vestiti e la schiena bagnati. Al mattino quella ragazza ha detto a un’infermiera che era stata violentata la sera prima». Stupri da cui possono anche arrivare gravidanze indesiderate: come è successo a molte donne che si ritrovano incinte senza poter denunciare i propri offender.

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