Non è un film horror ma una sentenza del Tribunale di Belluno

Una donna violentata da un suo ammiratore è stata ritenuta responsabile in quanto sapeva che lui la corteggiava

Luisa Betti Dakli
Luisa Betti Dakli
Direttrice di DonnexDiritti Network e International Women



Il 13 luglio 2011 il Tribunale di Belluno ha condannato un uomo perché “per motivi abbietti”, costringeva ad avere rapporti sessuali “minacciandola con un’ascia che teneva sul letto durante lo stupro al fine di eseguire il delitto di violenza sessuale, con violenza consistita nel tenerla ferma, a subire atti sessuali consistiti in un rapporto vaginale completo con eiaculazione”. Nella sentenza si legge quindi che

l’imputato sotto minaccia di una accetta, ebbe a costringere la ragazza ad avere con lui ben due rapporti sessuali completi, e nonostante la donna continuasse a piangere lui incurante ne leccava le lacrime

Si legge inoltre che la parte offesa “pur essendo stata talvolta contraddetta e smentita in alcune parti della propria deposizione dibattimentale dalle risultanze investigative compiute, è da ritenersi del tutto attendibile e credibile in relazione a quello che è il nucleo essenziale delle proprie dichiarazioni, ossia il racconto reso dalla stessa in merito alla violenza subita”.

Questa in sintesi la vicenda: la donna, che svolge un’attività di commercio e vendita di automobili, un giorno, mentre serve al tavolo di un locale, conosce l’uomo, che successivamente la contatta più volte e le “fa la corte”, riferendole anche della sua intenzione di acquistare un’auto. Le propone quindi di andare a pranzo con lui e altri signori per discutere di un nuovo lavoro (in tale occasione la donna  inoltre spera di vendergli un’auto). Giunta all’appuntamento , poiché le altre persone ritardano, viene invitata a salire a casa sua a prendere un the: dopo aver atteso chiacchierando alcune ore, l’uomo la minaccia con l’accetta e la stupra. Il PM chiede una condanna a 7 anni, il Tribunale lo condanna a 2 anni con la sospensione condizionale della pena, riconoscendogli l’attenuante  “di cui all’ultimo comma dell’art.609 bis c.p. ritenuta prevalente sulla contestata aggravante di cui all’art. 609 ter n.2 c.p.” perché:

La donna, del resto, era consapevole del debole che lui nutriva per lei

e la stessa ad aver riferito in aula che lui già da tempo, si era mostrato “galante” nei suoi confronti telefonandole anche con insistenza pur sempre con la scusa di trovarle dei clienti per la vendita delle auto; inoltre, era stato generoso negli apprezzamenti personali nei suoi confronti quando l’aveva conosciuta la prima volta.

Pertanto , sotto il profilo della concreta offesa arrecata, si deve desumere che verosimilmente vi fu all’inizio dell’incontro una accettazione da parte della donna della possibilità che la situazione con lui potesse andare oltre.

La ragazza per quanto dalla stessa riferito, non ebbe alcuna remora ad entrare in casa con l’uomo che ben sapeva avere un debole per lei

ed anche successivamente né a rimanere in cucina a chiacchierare con lui per molto tempo (circa 2 ore), senza pranzare. D’altro canto la ragazza non poteva nemmeno dirsi una donna sprovveduta in merito alle relazioni uomo-donna, e ciò sia per il ruolo familiare ricoperto, quale madre di famiglia, sia per il lavoro che svolgeva nell’ambito del commercio e che la portava  ad avere necessariamente maggiori contatti con il genere maschile (vendeva autovetture)”.

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